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Cronaca

A 25 anni dal primo arresto Rimini ricorda la terribile stagione della Uno Bianca

Convegno al Teatro degli Atti, il Comune di Rimini dedica alle vittime di quella ferocia un'area verde

A 25 anni dal primo arresto Rimini ricorda i terribili fatti della Uno Bianca quando in sette anni di odio e violenza la Banda dei Fratelli Savi terrorizzò il nostro territorio con oltre un centinaio di episodi criminosi, 24 omicidi, 102 ferimenti fra Emilia Romagna e Marche. Prenderà avvio alle ore 17,30 di domani, giovedì 21 novembre,  nel Teatro degli Atti di via Cairoli di Rimini, promosso dall’associazione JF Kennedy, il convegno “I falsi misteri d’Italia e il caso della Uno bianca. 25 anni dopo gli arresti”, una riflessione sull’odio, l’odio razziale, l’odio verso i diversi, l’odio per i più deboli è ciò che unisce l’oggi, la più stretta attualità, e il passato della vicenda della banda Uno bianca che 25 anni fa, il 21 di novembre, proprio come giovedì, fu fermata dalle indagini della Procura di Rimini. Una banda composta quasi per intero, ad esclusione di Fabio Savi, da poliziotti in servizio. La Procura di Rimini, dopo aver valutato e indagato su tutte le piste, concentrò gli sforzi sull’ipotesi che la sanguinaria banda fosse composta da feroci rapinatori, addestrati militarmente, mossi anche da odio razziale, ma motivati soprattutto dalla ricerca del bottino che ammontò a più di 2 miliardi di lire.

Il Convegno si aprirà con i saluti istituzionali del presidente dell’Associazione JF Kennedy, Dalmazio Rossi a cui farà seguito quelli del sindaco di Rimini, Andrea Gnassi; del presidente dell’Associazione familiari vittime Uno bianca, Rosanna Rossi Zecchi; del presidente dell’Istituto storico, Fabio Tomasetti. Introduce e coordina lo scrittore Carlo Lucarelli con interventi di Daniele Paci, magistrato che coordinò le indagini sulla banda, “La banda della Uno bianca non è un mistero d’Italia” e Vito Mancuso, teologo, “Riflessioni sull’odio”.

Alle 21 i lavori riprenderanno con il contributi di Vladimiro Satta, storico, documentarista ex Commissione Stragi,  “Dietrologie maldestre”, Armando Spataro, ex Procuratore di Torino, “...non si può escludere che…”, Walter Veltroni, politico e scrittore, “Senza fatti e senza verità, quale futuro”. Il convegno sarà accompagnato nella mattinata da una serie di incontri nei licei di Rimini e Pesaro curati dall’Istituto storico della resistenza di Rimini

A memoria di quei terribili fatti che, con l’omicidio della guardia giurata Giampiero Picello il 30 gennaio del 1988 insanguinarono anche la città, il Comune di Rimini, dedicò alle vittime di quella ferocia un’area verde, un giardino realizzato a a fianco della vecchia circonvallazione a pochi passi da largo Valturio, dove un tempo sorgeva la stazione della ferrovia Rimini – Novafeltria. Qui sono stati piantati a ricordo alberi di mandorlo, uno per ogni vittima, ponendo ai piedi di ognuno una targa col nome grafitato in coccio di Impruneta.Un luogo simbolico in un quadrante di Rimini che ha avuto e sta avendo importanti trasformazioni urbane; le stesse che nel prossimo venturo riguarderanno anche una nuova e adeguata valorizzazione ed esaltazione del valore di quello spazio verde, in modo che possa significare qualcosa di più vivo, una testimonianza permanente e allo stesso tempo quotidiana di vittime innocenti stroncate da una feroce mano criminale. In tale direzione quel ricordo così rinnovato e adeguatamente rinnovato e segnalato sarà perenne simbolo della vicinanza della Città di Rimini ai familiari delle vittime e contro ogni feroce barbarie e continuerà ad essere presente e ben saldo nella coscienza di tutti i riminesi, specie dei più giovani che di quella terribile storia debbono trarre insegnamento.

il giardino della memoria IMG_5856-2

Era il 21 novembre 1994 quando fu arrestato il primo dei fratelli Savi, Roberto, anima della banda della Uno bianca formata prevalentemente da poliziotti in servizio. In sette anni, dal 1987 al 1994, fra Emilia Romagna e Marche, la banda, in assalti e rapine a caselli autostradali, benzinai, uffici postali, banche e armerie uccise 24 persone e ne ferì 102. La Procura di Rimini, dopo aver valutato e indagato su tutte le piste, concentrò gli sforzi sull’ipotesi che la sanguinaria banda fosse composta da feroci rapinatori, addestrata militarmente, mossi anche da odio razziale, ma motivati soprattutto dalla ricerca del bottino che ammontò a circa 2 miliardi di lire. Questo salto investigativo permise al pubblico ministero Daniele Paci, insieme agli ispettori Luciano Baglioni e Pietro Costanza, di dare un volto e di arrestare i componenti della banda: i poliziotti Roberto e Alberto Savi, Pietro Gugliotta, Marino Occhipinti, Luca Vallicelli, oltre a Fabio Savi l’unico non poliziotto, fratello di Roberto e Alberto. La ricostruzione della Procura di Rimini resse l’esame di tutti i gradi di giudizio e i membri della banda vennero condannati a Rimini a Pesaro e a Bologna.

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