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Cronaca

Aree scoperte e c'è chi chiede al medico di rinviare la pensione. "C'è un pesante buco generazionale"

Il punto con Giulia Grossi, segretaria del Fimmg medici di base. "Nel riminese oggi otto zone scoperte, ma in molti andranno ancora in pensione. I giovani medici non trovano appeal in una professione mutata"

Attualmente sono da coprire otto zone. Ma nei prossimi mesi altri professionisti andranno in pensione. E il fisiologico ricambio generale arranca. Anche nel riminese la carenza dei medici di medicina generale si fa sentire. Con delle novità rispetto al passato: se le aree che una volta restavano in emergenza erano soprattutto quelle montane, ora ci sono anche zone della città a non essere state assegnate. “E’ il risultato di una programmazione che è mancata, per tanti fattori, va fatta un’analisi profonda. Di sicuro anche in questo settore sta sempre più mancando appeal e ci vorrà tempo per ritrovare gli standard del passato”, spiega Giulia Grossi, neo segretaria provinciale del Fimmg, il sindacato dei medici di base.

Dottoressa Grossi, c’è un ricambio generazionale che non decolla tra i medici di famiglia. Cosa dice il quadro riferito al riminese?
“La situazione sulla Provincia di Rimini è nuova e si va ad accostare ad altri territori, dove già da alcuni anni non vengono riempiti tutti i posti che potrebbero essere assegnati per il ruolo di medicina generale. Qui nel Riminese è una situazione inconsueta: se in passato le aree carenti erano nella zona montana e collinare, quest’anno si registrano anche zone all’interno del Comune di Rimini che non sono state assegnate”.

Nessuno vuole più fare il medico di base?
“Credo non ci siano responsabili diretti e la radice del problema parte da lontano, potrebbe nascere da un’inadeguata programmazione. Ci doveva essere un monitoraggio accorto sui numeri, soprattutto perché c’è stato un buco generazionale: ci sono medici di famiglia Over 60 che andranno in pensione, pochi nella fascia 40-50 anni e ora ci sono i giovani che devono entrare in corsa in un contesto sempre più frenetico, con tanti pazienti e il rischio di finire in “burnout” non tanto sulle competente sanitarie ma sull’organizzazione del lavoro”.

Eppure il medico di famiglia è stato per anni un’istituzione. Nei piccoli paesi, al pari del sindaco e del parroco. E’ finita un’epoca?
“Il medico di famiglia è rimasto l’ultimo baluardo, il cittadino è nella condizione di poter scegliere senza pagare. Ma quella che una volta era una professione di prestigio ora è cambiata. Vent’anni fa un nuovo medico partiva con pochi pazienti, che crescevano gradualmente, oggi appena finita la specializzazione si rischia di trovarsi con 1.600 pazienti. Quello del medico è anche un rapporto fiduciario, da non perdere, eppure un giovane oggi non ha tempo di costruire i rapporti. Anche se i sostituti arriveranno, pur con situazioni anche temporanee di attesa, per riorganizzare tutto ci andrà tempo e pazienza”.

Anche su Rimini esiste questa difficoltà di reperimento nuove figure?
“Attualmente in totale mancano otto zone, la mappa si allarga: Bellaria, Poggio Torriana, Santarcangelo, la Valmarecchia e adesso pure Rimini. Si era abituati che il mendico andava in pensione e arrivava un sostituto, ora è più complesso. Cosi, su base volontaria, ci sono anche medici che per sopperire passano da 1.500 a 1.800 assistiti”.

E con i nuovi pensionamenti che accadrà?
“Sono pensionamenti per raggiungimento dell’età, i medici lasciano ed è proprio come se manca un buco generazionale. Nel frattempo si è perso l’appeal e un giovane medico preferisce percorrere altre strade, magari nella sanità privata. Nel frattempo i professionisti 45enni-50enni non ci sono, perché non si sentiva in quel momento la necessità”.

A Riccione è pure partita una petizione per non fare andare in pensione il dottor Tomelli, hanno firmato in 600. Quantomeno curioso?
“E’ il simbolo di come deve essere vissuta questa professione, questo professionista ha saputo costruire un rapporto tra medico e paziente ineguagliabile, i cittadini lo vedono come un punto di riferimento. Io credo che il collega debba sentirsi gratificato e come sindacato anzi gli facciamo i complimenti. Perché è proprio lo spirito giusto. Ma giustamente dovrà e deve andare in pensione. Il giovane che subentrerà al suo posto non avrà un avvio semplice. Per questo dico che forse è mancata la programmazione. Questi casi lo sottolineano”.

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