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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca

Banda di truffatori incastra piccolo imprenditore e gli spillano 400mila euro

Dal finto generale della Guardia di Finanza al fantasioso boss della malavita organizzata, sono 9 gli indagati della maxi truffa

Una truffa a dir poco geniale quella messa in piedi da 9 persone, tra cui un sottufficiale della Capitaneria di Porto, ai danni di uno sprovveduto titolare di una officina meccanica in una frazione di Coriano che, nel tempo, si è visto soffiare almeno 380mila euro dal gruppo nell'arco di oltre 7 anni. La vicenda inizia nel dicembre del 2002 quando un 48enne e un 78enne, quest'ultimo sedicente generale della Guardia di Finanza, si presentarono nell'azienda della vittima prospettandogli un accurato controllo da parte delle Fiamme Gialle sulla sua attività. Sotto la pressione delle insistenze e delle minacce dei due, alla vittima non rimase altro che pagare per evitare di finire nel mirino della Finanza con due assegni da 10mila euro l'uno. Visto che la prima truffa era riuscita, la banda aveva iniziato a prendere di mira l'imprenditore e, questa volta, l'uomo venne avvicinato da un terzo componente della banda, un 68enne sedicente cancelliere capo del Tribunale di Bologna, sempre accompagnato dal 48enne. I due, sapendo che la vittima aveva una causa pendente presso la Corte d'Appello felsinea, erano tornati alla carica per "convincerlo" a servirsi dei loro buoni uffici per accelerare il processo e, in questo caso, il compenso per "oliare" le ruote della giustizia era stato di 80mila euro.

Diventato oramai la gallina dalle uova d'oro del gruppo dei truffatori, era entrato in scena anche un quarto malvivente che, questa volta, aveva impersonato il figlio di un generale della Guardia di Finanza. Il 58enne, rampollo dell'alto ufficiale, a conoscenza dei problemi con le Fiamme Gialle da parte della vittima decide di arrivare in suo soccorso per evitare nuove grane e un interessamento particolare per la causa in corso a Bologna ma, tuttavia, la parcella sale sensibilmente. Con un vorticoso giro di denaro, a sparire in una prima tranche sono 139mila euro mentre, con una seconda tranche, prendono il volo 54mila euro necessari per comprare un orologio di pregio al generale. Evidentemente il processo presso la Corte d'Appello era particolarmente caro alla vittima e, nella banda, arriva un nuovo personaggio, un 61enne, che impersona un magistrato bolognese in grado di sistemare ogni cosa previo pagamento di 20mila euro.

Come in ogni commedia tragicomica moderna, non poteva non mancare anche il finto boss del clan dei Casalesi, un 76enne nel frattempo deceduto. Il "boss", con una serie di minacce, aveva convinto la vittima della banda a consegnargli 61mila euro per evitare che la sua officina e l'abitazione finissero in cenere durante un incendio. Ultimo ad entrare in quella che era oramai diventata una vera e propria associazione realizzata per truffare l'imprenditore è un sottoufficiale 52enne della Capitaneria di Porto di Rimini che si presenta nell'officina dell'imprenditore con la scusa di una verifica ambientale. Il maresciallo contesta all'imprenditore una serie di irregolarità inventate ma, quando l'uomo gli contesta che non sono avvenute in mare, "territorio" del sottoufficiale, quest'ultimo arriva a sottolineare che, siccome la vittima del raggiro ha inquinato i corsi d'acqua, gli scarichi sono poi arrivati in Adriatico. Questa volta, però, l'imprenditore se la era cavata con una bustarella da appena 4300 euro ma, oramai allo stremo, si era poi rivolto alle forze dell'ordine per denunciare l'intera vicenda.

Venerdì mattina, davanti al gip del Tribunale di Rimini, il sottoufficiale della Capitaneria di Porto ha patteggiato 1 anno e 10 mesi mentre, per le altre 7 persone coinvolte, è arrivato il rinvio a giudizio con il processo fissato per dicembre 2015.

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