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Cronaca

Il film "Amarcord" di Federico Fellini compie oggi 40 anni

La pellicola, che uscì nelle sale italiane il 13 dicembre 1973, fu presentato fuori concorso al Festival di Cannes l'anno dopo. Una Rimini ammantata dal sogno, ricostruita a Cinecittà, dove si snoda l'adolescenza del grande regista

'Amarcord' di Federico Fellini, oltre ad essere uno dei tanti film cult del regista di Rimini, ha anche una particolarità non da poco: è uno dei suoi titoli entrati con forza nel vocabolario e nell'uso comune proprio come era già accaduto a 'La dolce vita' e a 'I vitelloni'. Sinonimo di un ricordo familiare, intimo, che ci porta indietro nel tempo rivisitandolo con nostalgia e divertimento, 'Amarcord' (domani sono quaranta anni dalla sua uscita) è anche un piccolo capolavoro di storia d'Italia di quegli anni. Il fascismo, ad esempio, è raccontato nei suoi paradossi, nella sua semplicità, nei suoi aspetti più buffi. Dall'olio di ricino al maschio italico eternamente peregrinante in motocicletta, fino al vecchio professore che tutto spiega e capisce di quello che lo circonda. Il film, che uscì nelle sale italiane il 13 dicembre 1973, fu presentato fuori concorso al Festival di Cannes l'anno dopo.

Siamo nella primavera del 1932 in una Rimini ammantata dal sogno ricostruita a Cinecittà. Qui scorre la vita vista dagli occhi di Titta (l'adolescente Fellini). Una vita fatta dal 'sabato fascista', dallo struscio al corso della provocante 'Gradisca' (Magali Noël), da suonatori ciechi, da insegnanti tromboni, dal dannunziano Conte di Lovignano e dalla prepotente voglia di sesso dei coetanei del protagonista. E, sempre al confine tra sogno e realtà e con il rumore del vento (vera colonna sonora dei film di Fellini), arrivano scene mitiche come il saluto in mare aperto al transatlantico Rex; la sequenza in cui Teo (Ciccio Ingrassia) sale su una cima dell'albero al grido di 'Voglio una donnaaa!'. E poi c'e' il sensuale incontro del protagonista Titta con il suo oggetto del desiderio: la superdotata, in quando a seno e non solo, tabaccaia. Ma la scena che forse resta più nel cuore di tutte è il pranzo, luogo di confronto e scontro di ogni famiglia, che vede riuniti tutti. Oltre Titta, c'è il padre sanguigno, furioso e fragile, il nonno petomane e pronto a fare l'amore (almeno coi soli gesti), la mamma vittima ma pronta a minacciare di uccidere tutti se fatta arrabbiare (''vi metto la stricnina nella minestra. Lo faccio: vi ammazzo tutti'') e, infine, il cognato del padrone di casa, fascista e nullafacente, indolente, elegante e, ovviamente, a carico della famiglia come poteva esserlo un bamboccione degli anni Trenta.

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