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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Il capobranco degli stupratori ricorre in Cassazione, il Comune parte civile

Il vicesindaco Gloria Lisi: "Prima di ogni altro strumento, prima di ogni altro provvedimento di ‘difesa’, serve una pena certa"

Con un referto approvato nell’ultima seduta, la Giunta Comunale ha deciso di confermare la costituzione del Comune di Rimini come parte civile nel processo in corso che vede come imputato Guerlin Butungu, condannato in primo e secondo grado di giudizio per le violenze compiute ai danni di tre persone nell’agosto del 2017. Sentenza verso la quale Butungu ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione. Così come nelle precedenti fasi del procedimento, la Giunta ha deciso di confermare nel ruolo di patrocinatore legale l’avvocato Ghinelli.

Turisti polacchi stuprati sulla spiaggia di Rimini

“Il Comune di Rimini resta fermo nella volontà di andare fino in fondo ad una vicenda che ha ferito e turbato la nostra comunità per la ferocia e la violenza – sottolinea il vicesindaco Gloria Lisi – affinchè chi è colpevole sconti una la giusta pena. Può apparire scontato, ma anche  recentemente sono balzati alla cronaca nazionale alcuni casi di violenze efferate che in considerazione dell’applicazione di attenuanti di vario tipo hanno visto pene decisamente ridimensionate per i colpevoli, offendendo la dignità delle vittime e aggiungendo dolore al dolore delle famiglie. I giudici fanno il loro dovere, applicano la legge: ed è per questo che ritengo indispensabile che la politica si assuma delle responsabilità e agisca garantendo quello che dovrebbe essere alla base di ogni sistema giudiziario: la certezza della pena. Il ‘bollettino di guerra’ quotidiano fa rabbrividire: le violenze sessuali, gli abusi psicologici e fisici ai danni in particolare delle donne sono all’ordine del giorno. E’ un’emergenza e va affrontata non puntando il dito contro quella sentenza o quel giudice, ma andando ad intervenire su quelle attenuanti generiche che altro non fanno che aumentare il senso di impunità per chi si macchia di certi reati e il senso di insicurezza per le vittime. Quelle ‘attenuanti generiche’ adattabili alla bisogna, che spesso vengono illustrate nelle sentenze attraverso parole che possono risultare fuorvianti, che non fanno che accendere la rabbia e aumentare l’amarezza. Prima di ogni altro strumento, prima di ogni altro provvedimento di ‘difesa’, serve una pena certa. E la politica deve muoversi in questa direzione”. 

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