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Martedì, 16 Aprile 2024
Cronaca

I beni confiscati alla mafia in provincia di Rimini: una panoramica di aggiornamento

Nella Provincia di Rimini, al febbraio del 2015, si trovano 6 beni confiscati in via definitiva. Di questi, uno si trova nel comune di Rimini, uno nel comune di Cattolica, tre nel comune di Riccione e uno nel comune di Misano Adriatico

Pur essendo una cosiddetta “zona non tradizionale” di insediamento mafioso, Rimini è stata teatro negli ultimi anni di numerose operazioni delle forze dell’ordine contro le diverse tipologie di organizzazioni criminali. Tali operazioni hanno portato alla luce il tema della confisca e conseguente riutilizzo dei beni. Sulla scia del Dossier prodotto negli anni precedenti dal Gruppo Antimafia Pio La Torre, l’osservatorio Provinciale sulla Criminalità Organizzata della Provincia di Rimini - in sinergia con Stop Blanqueo, il progetto cofinanziato dall’Unione Europa sul contrasto alle mafie in ambito economico - ha provveduto all’aggiornamento della panoramica dei beni confiscati nei vari comuni. E’ importante ricordare che tali beni non sono stati necessariamente sottratti alla criminalità organizzata. Punto focale, questo, per tutela degli interessati alla confisca non appartenenti ad organizzazioni mafiose, ma anche al fine di tracciare un quadro realistico della presenza mafiosa in Riviera.

Sempre sulla scorta del precedente dossier, si potranno trovare delle accurate riflessioni sull’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati, un quadro generale sulla situazione emiliano-romagnola e un quadro legislativo sulle misure di prevenzione patrimoniale. Un focus necessario alla luce della complicatezza della materia per i non addetti ai lavori e per le modifiche che in questi anni si sono susseguite. Ovviamente il quadro è completato dalla situazione provinciale di cui si riassumono le principali evidenze.

Nella Provincia di Rimini, al febbraio del 2015, si trovano 6 beni confiscati in via definitiva. Di questi, uno si trova nel comune di Rimini,  uno nel comune di Cattolica, tre nel comune di Riccione e uno nel comune di Misano Adriatico. I beni confiscati a Riccione e Misano rientrano nel medesimo procedimento. Su altri beni il processo è ancora in itinere. In particolare si segnalano tre appartamenti siti nel comune di Rimini, per i quali si attende la pronuncia della Cassazione in merito a un ricorso presentato dalla difesa, e un ristorante presente nel comune di Bellaria-Igea Marina, per il quale è stata revocata la confisca, ma su cui pende il ricorso presentato dalla procura contro tale decisione. Ulteriori procedimenti che hanno coinvolto immobili e società tra il comune di Rimini e di Riccione sono ancora pendenti: per alcuni la confisca è di primo grado, per altri i dati a disposizione non consentono di fare piena chiarezza sullo stato dell’iter processuale.

Per questo motivo, lo studio affrontato dall’Osservatorio Provinciale, pur segnalando tutti i casi presenti in Provincia per i quali si è avuta notizia, si è focalizzato principalmente sui casi di confisca definitiva.  Su questi si è riscontrata una oggettiva difficoltà nel riutilizzo:  paradossalmente, il progetto che sembrava più vicino al completamento era quello riguardante il comune di Bellaria-Igea Marina, prima che intervenisse la sentenza di revoca della confisca.  Anche il progetto per il riutilizzo dell’appartamento riminese sembrava avviato sulla buona strada: tuttavia, anche questo si è arenato a causa dell’ipoteca che grava sul bene in questione, in quanto è stata riconosciuta la buona fede dell’istituto di credito che l’aveva concessa.
Un precedente  non incoraggiante se si pensa che nella medesima situazione si trovano i beni confiscati a Riccione e Misano Adriatico: avendo il Tribunale competente accertato la buona fede degli istituti di credito coinvolti, le ipoteche su molti di questi beni rimangono inalterate, rendendo la riassegnazione ai Comuni più difficoltosa. In termini pratici, il riscatto delle ipoteche è un’operazione finanziariamente insostenibile per i Comuni, così come ci è stato confermato da alcuni rappresentanti delle istituzioni contattati, durante la stesura del Dossier.

Nel Dossier viene quindi lanciato un appello affinché le esigenze di riassegnazione di un bene confiscato non siano sacrificate. È possibile, infatti, trovare una mediazione con gli istituti di credito e le amministrazioni comunali, qualora vi sia la volontà dei primi di accettare progetti all’interno di quei beni compatibili con lo spirito della legge 109/96 sulla riassegnazione per fini sociali dei beni confiscati. Lo spirito di tale legge potrebbe essere salvaguardato, specialmente nel caso di appartamenti confiscati, qualora vengano messi a disposizione per progetti di reinserimento sociale portati avanti dalle amministrazioni, come nel caso del progetto riminese di Housing First (i cui dettagli sono specificati all’interno del Dossier).

Fatta salva la citata difficoltà nella riassegnazione ai Comuni, per i quali le ipoteche che gravano sui beni confiscati tuttora costituiscono un impedimento che appare insormontabile per il riutilizzo del bene, sarebbe auspicabile avviare un confronto con gli istituti di credito coinvolti. Il fine sarebbe quello di salvaguardare i diritti dei terzi in buona fede e al contempo rendere di nuovo produttivo il bene. In questo modo le amministrazioni che intendono riutilizzare i beni presenti nel loro territorio potrebbero con più facilità concludere i progetti che sono già stati avviati, superando, quindi, l’impedimento dell’ipoteca.

Ad oggi, difatti, non sono presenti beni riutilizzati in Provincia: la cooperazione fra enti locali e istituti di credito potrebbe costituire un trampolino per il superamento di tali difficoltà nel riutilizzo. “Il lavoro dell’Osservatorio provinciale sulla criminalità organizzata- commenta il presidente della Provincia di Rimini, Andrea Gnassi- ha un valore enorme per il nostro territorio, e non solo sul fronte della documentazione e dell’aggiornamento archivistico, comunque inedito e importante. In realtà questa attività mostra una direzione nuova da cui le stesse istituzioni pubbliche devono trarre spunto per progetti e iniziative che possono dare servizi e opportunità alle nostre comunità. Occorre crederci come comunità appunto, per superare gli ostacoli e i freni burocratici e legislativi all’utilizzo dei beni confiscati, a fini sociali e comunitari.”

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