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Cronaca

Liste d'attesa, lo sfogo di Carradori: "Tanti problemi perchè non abbiamo i soldi per più personale"

Il direttore generale dell'Ausl interviene in consiglio comunale a Rimini: "Occorre costruire una sanità più sul territorio. Liste d'attesa lunghe? E' vero e ci manca anche la giusta comunicazione con il paziente"

Le lunghe liste d’attesa? “E’ vero, sono un problema, ma che non riusciamo a risolvere a causa della mancanza di finanziamenti per captare nuovo personale”. E’ onesto, ma altrettanto realistico in negativo, il pensiero di Tiziano Carradori, direttore generale dell’Ausl Romagna, che è intervenuto nel corso di un consiglio comunale tematico a Rimini per fare il punto sulla sanità. Tra aspetti molto positivi e note altrettanto negative, Carradori ha tenuto una lunga relazione sullo stato della sanità in Romagna e a Rimini. Spiegando un quadro complicato, ma figlio di un sistema e che non si limita a ciò che si percepisce al momento della cura nei singoli reparti. Carradori parla a ruota libera di lunghe liste d’attesa, di difficoltà nei reparti a partire dal pronto soccorso e nella comunicazione con i pazienti.

Disavanzo milionario

Il direttore generale è tornato a sottolineare come al momento il bilancio preventivo dell’Ausl Romagna parla di un disavanzo di 220 milioni “nonostante in Romagna spendiamo il 5% pro capite in meno rispetto al resto dell’Emilia Romagna”. E Carradori sottolinea in seduta come tra i punti di forza dell’Ausl Romagna. “Ci sono costi legati all’amministrazione del 46% inferiori rispetto al resto della regione”. E c’è un altro dato positivo: “Il 96% dei nostri cittadini decide di ricoverarsi negli ospedali della Romagna, con una ridotta mobilità extra territoriale”. Tanti aspetti positivi, ma che non sono sufficienti a far luce in un quadro complesso.

Pochi soldi per attrarre medici

A partire dalla mancanza di medici: “Mancano dal 20% al 25% dei medici, ma il problema ancora più grosso è la carenza di infermieri, con un numero adeguato avremmo una migliore assistenza territoriale e meno problemi in ospedale. Ma non è così”. C’è il problema del pronto soccorso, ma non solo: “Il pronto soccorso di Rimini fa 100 mila accessi all’anno di media – spiega Carradori -, un quinto di questi accessi, almeno 20 mila, ha una sola prestazione, la visita, sono persone che vanno a bussare le porte perché non siamo stati capaci di intercettarle prima. Poi si congestiona il pronto soccorso, dove puntualizzo non lascerò più uno dei miei professionisti da solo nei confronti della maleducazione dei cittadini. Ci impegneremo a livello giuridico e amministrativo”.

Comunicazione al paziente

Ma come fa fatica il Pronto soccorso, ci sono anche le liste di attesa che sono sempre più lunghe. “Abbiamo certamente dei problemi – conferma Carradori -, ma abbiamo anche un grave problema di mancanza di comunicazione. Penso ai tempi di attesa per una colonscopia, lunghi a Rimini mentre in altri posti a novembre ci sarebbe la disponibilità, ma un cittadino si è giustamente lamentato e noi non siamo stati bravi a spiegargli che c’era una possibilità alternativa a 20 chilometri di distanza”.

Più presenza sul territorio

Secondo Carradori la strada da intraprendere deve essere quella di una trasformazione del sistema sanitario. Con un sistema meno ospedalocentrico e maggiore presenza sul territorio. “Le case di comunità saranno entro il 2025 sul tutta l’azienda 21. Due le costruiremo nel 2023. La gente oggi va al pronto soccorso perché non trova la disponibilità di un medico di medicina generale e la continuità assistenziale. Quel 20% che nei Pronto soccorso va per una sola visita necessita di altre soluzioni, ma che funzionino e attive 24 ore su 24”.  

L’assessore Gianfreda

Prima del dibattito aperto a tutti i consiglieri, dopo l’intervento del direttore Carradori, ha preso la parola in aula l’assessore Kristian Gianfreda: “In squadra con l’Ausl, il Distretto e la Regione stiamo attuando un macro-investimento – in parte già tangibile – che mira a ridisegnare l’assistenza medico e infermieristica secondo i concetti di prossimità, presenza sul territorio e adattamento alle nuove esigenze, con un cambio di paradigma che a un lavoro prestazionale preferisce l’approccio della ‘presa in carico’ multiprofessionale. Un modello ‘vicino a casa’ virtuoso, all’avanguardia, - di implementazione degli interventi a favore della domiciliarità e di ampliamento degli spazi dedicati alla cura – che ci vede come una best practice anche a livello regionale. Il tutto è stato possibile – e continuerà a esserlo – attraverso un lavoro sinergico, che passa attraverso una risposta unitaria da parte delle istituzioni che ha come ‘faro’ la salute dei nostri cittadini, tutti".

E ha aggiunto: “La costituzione delle Case della Salute si inserisce infatti in un modello di cure fortemente integrato tra ospedale e territorio e tra ospedale e servizi sanitari, che si pone come obiettivo quello di superare l’ospedalocentrismo e operare a livello locale, in una logica di prossimità al cittadino, rendendosi responsabile della salute delle persone che abitano un determinato territorio, tenendo conto delle variabili geografiche, culturali, sociali, esistenziali e politiche specifiche per quella popolazione”.

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