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Cronaca

Melanoma, la lotta continua: 136 casi nel 2012

La visita dermatologica per la diagnosi precoce del melanoma deve essere limitata a quei soggetti che rientrano nei pazienti a rischio

Si profila una piccola-grande rivoluzione nell’approccio alle malattie della pelle, in particolare del melanoma. Con un ruolo molto importante assunto dal medico di famiglia che avrà sempre più competenze per svolgere una funzione di filtro tra i casi non a rischio e quelli che, invece, hanno davvero bisogno di una consulenza dermatologica. Per far questo, alla formazione per loro svolta, già dall’anno scorso, da parte dei colleghi della Dermatologia dell’Ospedale di Rimini, sotto l’attenta guida del direttore Stefano Catrani, si aggiunge ora una nuova opportunità.

Infatti la Banca Popolare dell’Emilia Romagna ha donato 11 dermatoscopi all’Ausl, che li affiderà ad altrettanti medici di famiglia, tra quelli che hanno aderito, appunto, alla formazione, con facoltà di farli utilizzare anche a loro colleghi di medicina di gruppo. Se la sperimentazione andrà bene un ulteriore quantitativo di strumenti sarà acquisito dall’Azienda. Sabato mattina, nella sede dell’Ordine dei Medici di Rimini, si è svolta una ulteriore riunione di formazione dei medici di famiglia e, insieme a loro, ai vertici aziendali e a rappresentanti della Banca, ha avuto luogo anche una piccola cerimonia legata alla donazione (si allegano le relative fotografie). Vi hanno preso parte il vicedirettore di Area Romagnola della Banca Popolare dell’Emilia Romagna Luca Domeniconi, il vicepresidente del Cda dell’Istituto di Credito ragionier Giosuè Boldrini, il Direttore Amministrativo dell’Ausl Paola Lombardini, il dottor Catrani, la dottoressa Lorena Angelini (direttore del Dipartimento di Cure Primarie, che rappresenta l’anello di congiunzione tra le strutture ospedaliere e territoriali) e a fare gli onori di casa il Presidente dell’Ordine dottor Maurizio Grossi, che al termine ha donato ai rappresentanti della banca una scultura dell’artista di Montefiore Umberto Corsucci.

L'Unità Operativa “Dermatologia” diretta dal Catrani ha dunque dato vita a un progetto formativo, negli anni 2012 e 2013, finalizzato alla sensibilizzazione di questa figura sanitaria nei confronti delle lesioni pigmentate della cute. Il progetto si è articolato in una prima fase di tipo informativo, con la produzione e diffusione di materiale educativo e l’organizzazione d’incontri per medici di famiglia e popolazione generale. Successivamente sono stati identificati alcuni medici con funzione di animatori della formazione, i quali, una volta completato il percorso formativo sulle tecniche per il riconoscimento delle lesioni melanocitarie, possono, a loro volta, organizzare analoghi interventi di formazione nei confronti dei sanitari del proprio gruppo di riferimento.

In questo modo sarà possibile razionalizzare l’uso delle risorse e ridurre ulteriormente i tempi d’attesa presso le strutture dermatologiche, grazie al ruolo centrale di filtro che il medico di famiglia svolgerà. E’ stato infatti segnalato, in articoli scientifici, il frequente riscontro presso gli ambulatori dermatologici di soggetti che, in realtà, non presentano ne' lesioni pigmentate sospette, ne' fattori di rischio per il melanoma, ma che hanno richiesto la visita solo per trovare rassicurazioni. Pur non ignorando le difficoltà incontrate dal medico di famiglia nella gestione di tali pazienti, sia sul versante tecnico (diagnosi differenziale fra una lesione pigmentata benigna e una lesione sospetta) che su quello umano (fornire rassicurazione a pazienti, che pretendono indagini strumentali spesso inutili), bisogna sottolineare che le conseguenze di questi accessi incongrui (un maggiore dispendio di risorse e più lunghi tempi d’attesa) potrebbero penalizzare i soggetti che realmente hanno urgenza di essere visitati dal dermatologo.

La visita dermatologica per la diagnosi precoce del melanoma deve essere limitata a quei soggetti che rientrano nei pazienti a rischio (familiarità per melanoma, fototipo più chiaro, storia di scottature solari in gioventù, numero di nevi superiore a 50, nevi melanocitici atipici) o che presentano lesioni pigmentate potenzialmente sospette che per una minima parte derivano da osservazioni occasionali del medico, del partner o altro, e per la maggior parte vengono identificate attraverso l’autoesame della superficie cutanea condotto sulla base di criteri diagnostici di facile applicazione.

Nell'anno 2012 si sono verificati 136 casi di melanoma in provincia, quasi equamente distribuiti tra uomini e donne (molto leggera la prevalenza maschile), che hanno portato l'incidenza a 41 per centomila abitanti. Di questi pazienti, il 29 per cento ha età compresa tra i 15 e i 50 anni; il 32 per cento tra 50 e 65 anni, il restante 49 per cento dei pazienti ha età superiore ai 65 anni. Tutti e 136 i melanomi sono stati asportati, e nel 68 per cento dei casi (92 pazienti) la lesione aveva uno spessore inferiore al millimetro. Dal 2007 ad oggi l'aumento dei melanomi asportati è pari al 116 per cento (i casi erano 63 nel 2007), e l'incidenza è a sua volta aumentata del 95 per cento (passando dal 21,1 al 41 per centomila). Le parti del corpo in cui più frequentemente i melanomi si formano è il tronco (41 per cento), gli arti inferiori (24), gli arti superiori (23), il volto (8) e collo (4 per cento). La sopravvivenza al melanoma è aumentata, negli ultimi decenni, in maniera significativa: oggi l'80 per cento dei soggetti con melanoma è ancora in vita 5 anni dopo la diagnosi.

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