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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Omicidio Bernabini, il testimone: "Ho visto l'arma del delitto a casa di Marco Zinnanti"

Nell'udienza per l'omicidio di Covignano ha testimoniato Eros Zanzani, accusato di favoreggiamento nella fuga di Zinnanti, che ha riconosciuto il fucile con il quale è stato ucciso il tassita abusivo. Zinnanti, dopo aver pianto in aula, ha raccontato di stare preparando una lettera di pentimento da inviare ai familiari

Seconda udienza del processo che vede, sul banco degli imputati, Marco Zinnanti il 23enne accusato di essere l'autore dell'omicidio di Lorenzo Bernabini, il tassista abusivo barbaramente ucciso il 2 settembre del 2012 in una stradina tra i campi del colle di Covignano. Quella di giovedì è stata la giornata del supertestimone dell'accusa, Eros Zanzani, già implicato nella vicenda in quanto insieme alla madre, Assunta Dina Di Bartolomeo, aveva favorito la latitanza di Zinnanti nel paesino dell'Abruzzo dove poi era stato catturato dalla squadra Mobile di Rimini. Zanzani è stato chiamato dal pubblico ministero, Davide Ercolani, in quanto testimone della presenza dell'arma del delitto, un fucile da caccia calibro 12 con le canne mozze e il calcio limato, nella casa del 23enne in via della Lince a Rimini. In passato, infatti, Zanzani era un assiduo frequentatore della famiglia Zinnanti in quanto fidanzato con la sorella di Marco, Giovanna detta Monia. Zanzani ha riconosciuto senza ombra di dubbio l'arma mostratagli in foto dal pubblico ministero e ha ricordato come "tra il dicembre del 2011 e il gennaio del 2012 mi trovavo nell'appartamento di via Lince e Marco mi disse di volermi mostrare una cosa. Mi ha accompagnato nel solaio dell'abitazione e, avvolto in uno straccio, ha tirato fuori il fucile. L'ho riconosciuto perchè è molto particolare, con il calcio segato in maniera grossolana, e per gli intarsi che sono incisi sulla canna. Marco ha aggiunto che l'arma faceva parte del furto di una coppia di fucili commesso nella Repubblica di San Marino". La difesa di Zinnanti, sostenuta dall'avvocato Marco Ditroia, ha cercato di confondere il testimone, mostrandogli la foto di un secondo fucile ritrovato nell'appartamento-covo del 23enne in via Teodorico, ma Zanzani ha escluso categoricamente che potesse trattarsi dell'arma che Marco gli aveva fatto vedere in via della Lince in quanto si trattava di un fucile a canna singola.

L'arma del delitto di Covignano

IL PIANTO DI MARCO ZINNANTI IN AULA - Il Gip Sonia Pasini, a questo punto, ha chiesto a Zinnanti se volesse spiegare la provenienza del fucile ma, il ragazzo, si è limitato a raccontare di "essersi ritrovato a Covignano quella mattina" e di "non ricordare nulla di quanto fosse successo" se non le "avances omosessuali che Bernabini mi ha fatto". Durante l'udienza il 23enne, che è apparso in buona forma dopo quasi 15 mesi di carcere, ha pianto in aula facendo delle dichiarazioni spontanee. "In cella - ha ribadito Zinnanti come nella precedente udienza - sto scrivendo una lettera di vero pentimento per chiedere il perdono ai familiari di Bernabini". Un pianto che, ai familiari della vittima, è apparso come "lacrime di coccodrillo. Non lo sentiamo assolutamente pentito". "Si può risparmiare carta e penna - ha commentato alla fine dell'udienza Laura Bernabini, sorella della vittima. - Chiediamo che pensi alla sua coscienza e rifletta sulle menzogne che ha raccontato fino ad oggi perchè, le sue scuse, non sono supportate dai fatti". Il processo è stato aggiornato al prossimo 9 gennaio quando ci sarà l'arriga finale dell'accusa e della parte civile oltre alla richiesta di condanna.

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