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Cronaca

Processo Stecca: i particolari piccanti della sua relazione con la vittima

E' toccato all'ex campione di pugilato salire sul banco dei testimoni per raccontare i suoi rapporti con la Cester e i momenti dell'accoltellamento

Dettagli piccanti e molto intimi, oltre alla conferma dell'esistenza di una relazione tra loro, sono emersi nel processo che vede imputato Loris Stecca del tentato omicidio della socia, Roberta Cester. Nella giornata di giovedì, infatti, è toccato all'ex campione di pugilato a salire sul banco dei testimoni sia per raccontare del rapporto con la socia che per ricordare i momenti drammatici dell'accoltellamento avvenuto il 27 dicembre del 2013. "Sono consapevole di quello che ho fatto - ha sottolineato Stecca davanti ai giudici del collegio - e sono pentito di quanto accaduto ma, assolutamente, non volevo ucciderla. Se avessi voluto farlo, invece di un coltello avrei usato i pugni". E' un fiume in piena l'ex pugile che, minuziosamente, elenca date e fatti che lo hanno portato a conoscere la Cester e a diventare suo socio nella palestra allestita a Viserba.

"Ho conosciuto Roberta nel 2011 - spiega l'imputato - ed è stata lei a contattarmi la prima volta su Facebook. Io, all'epoca, lavoravo come tuttofare alla Darsena di Rimini e, sulla mia pagina del social network, molti ammiratori mi chiedevano con insistenza se fossi tornato nel mondo della boxe aprendo, magari, una palestra. Anche la Cester mi aveva contattato per lo stesso motivo: lei stava vendendo il forno di sua proprietà che aveva in Veneto e, con il ricavato, mi avrebbe anticipato i soldi per realizzare il mio progetto". E' proprio sulla questione economica che si è poi soffermato Stecca raccontando che gli accordi tra lui e la vittima erano tutti verbali ma che la donna, dal momento che la palestra portava il nome del pugile, le aveva regalato il 4% della società. I pagamenti dello stipendio, però, erano alquanto saltuari tanto che, secondo quanto riferito Stecca, lui stesso prima dell'accoltellamento si era rivolto a un legale per essere tutelato in quanto non gli erano stati versati i contributi.

Ma, secondo la testimonianza di Stecca, i rapporti tra i due soci si erano fatti quasi subito bollenti. "Dopo qualche mese che ci conoscevamo - ha raccontato ai giudici - lei mi ha invitato a seguire con lei alcuni corsi ed è nata una relazione sentimentale. Il rapporto tra noi era, tuttavia, nascosto in quanto entrambi siamo sposati. La prima volta che siamo finiti a letto è stato nella casa di Padova della Cester quando suo marito si era allontanato. Continuandola a frequentare, per portare avanti il progetto della palestra, continuavamo ad avere rapporti sessuali e, tutte le volte, alla fine Roberta mi regalava dei prodotti biologici e soldi. Col proseguire della nostra relazione, tuttavia, la gente aveva iniziato ad intuire che c'era qualcosa tra noi due anche perchè lei era diventata molto possessiva nei miei confronti e non mi dava respiro. La nostra relazione è andata avanti anche quando lei si è trasferita a Rimini per aprire la palestra: io continuavo a frequentare la sua casa di Viserba con lei che mi trattava come un bambino, facendomi la doccia e depilandomi. A un certo punto, però, era oramai evidente a tutti che tra noi c'era una relazione clandestina e, per evitare problemi ad entrambi, ho deciso di troncare con lei rimanendo, però, suo socio alla palestra. Da quel momento i nostri erano solo rapporti di lavoro e lei si è infuriata

Il racconto del pugile, poi, si è soffermato a quel 27 dicembre del 2013. "La mattina era già iniziata male - ricorda Stecca - perchè c'erano state una serie di incomprensioni con l'istruttore di Thai Boxe che voleva riprendersi i sacchi da pugilato. Per riportare la calma, era anche intervenuta una pattuglia della polizia con gli agenti che, poi, se ne erano andati. Io ho ripreso a discutere con Roberta sulla scala che porta al primo piano e, in quel momento, sono scivolato sugli scalini bagnati. La Cester si è quindi messa a urlare che la volevo buttare giù dalla scala e ha chiamato nuovamente la polizia ma, anche questa volta, gli agenti se ne erano poi andati. Quella sera sono tornato al primo piano della palestra e ho visto Roberta seduta al bureau, mi sono avvicinato da dietro e le ho parlato all'orecchio per dirle che, con i suoi comportamenti, stava rovinando il nostro progetto. Lei, per tutta risposta, si è alzata spintonandomi. In quel momento era infuriato, tanto che mi era passato per la testa di prenderla a pugni ma, se lo avessi fatto, a quest'ora mi avrebbero dato l'ergastolo per omicidio. Ho infilato la mano nel borsello, per cercare le sigarette, e ho sentito l'impugnatura del coltello e l'ho colpita. Ricordo di essere poi stato io ad estrarre la lama dall'addome e ad appoggiare il coltello sul bancone, poi sono sceso al piano terra dove c'è la palestra di boxe e ho atteso l'arrivo della polizia".

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