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Cronaca

La suora riminese in Brasile: "La mia vita nelle favelas tra sparatorie, droga e donne abusate"

La religiosa Milena Fabbri da 15 anni è impegnata nei Paesi poveri: "Non posso dimenticare una mamma che ha perso il bimbo per le botte"

Una vita in missione per aiutare donne, malati e famiglie nei Paesi poveri del mondo. E' questa la decisione presa da ragazzina dalla suora riminese Milena Fabbri, 51 anni, che per 15 anni ha vissuto nelle favelas in Brasile, a contatto con realtà estreme e pericolose, tra droga, alcol, bande criminali e prostituzione. "Ho sempre sognato di fare la missionaria, il primo viaggio l'ho fatto in Etiopia e poi ho iniziato il mio cammino in convento. Faccio parte della congregazione delle Suore Francescane Missionarie di Cristo, ma qui a Rimini siamo conosciute come suore di Sant'Onofrio".
Quando ha preso i voti?
"Mi sono diplomata in ragioneria e sono diventata infermiera seguendo la scuola all'Infermi. Ho preso i voti nel 1992 dando subito la disponibilità per partire in missione. L'occasione di volare in Brasile è arrivata nel 2005, quando delle sorelle tornavano dal Sudamerica e c'era ancora bisogno di aiutare le popolazioni laggiù. E adesso, dopo 15 anni, mi hanno assegnato nuovi compiti qui in Italia. Continuerò a viaggiare molto, ma fra sei anni tornerò nel Paese dove ho lasciato il cuore".

Suor Milena, la missionaria riminese in Brasile

In quali missioni ha lavorato?
"Per sette anni sono stata a Sud, nel Paranà, aiutavo le ragazze che si prostituivano in strada a liberarsi e trovare un rifugio, poi ho accolto la richiesta di aiuto al Nord Est, che è molto più povero. E' stata una scelta radicale. Negli ultimi cinque anni sono stata a Cearà, dove ci sono due comunità di accoglienza per persone povere. In città c'è un ospedale e le famiglie dei malati non sanno dove dormire e mangiare, spesso si accampano per strada. Anche i malati, una volta dimessi, sono lasciati soli e accade di frequente che hanno intere giornate di cammino per tornare a casa, ma non sono in forze per sostenere una simile fatica. Li aiutiamo in queste case di carità, dove viviamo di donazioni".
Ha vissuto anche nelle favelas.
"Sì, avevamo una comunità nata come favelas che poi si è strutturata. Siamo sempre state molto attente quando uscivamo la sera per le attività pastorali, ma grazie al cielo non è mai capitato nulla".
Ha avuto paura?
"Paura non direi, ma ci sono sparatorie in pieno giorno e una pallottola può colpirti. Le vendette tra bande rivali sono quiotidiane".
Che tipo di criminalità ha visto?
"Ci sono gravi problemi legati soprattutto alla droga, dove c'è molta povertà tutto è amplificato. Ci sono bambini piccoli che fanno i corrieri, sono gli 'avion'. Ho aiutato tanti genitori con i figli tossicodipendenti, tutte famiglie distrutte. Ogni giorno ci sono i funerali di giovani che muoiono per droga o vengono ammazzati. Anche l'alcol è una tragedia e poi c'è molta violenza sulle donne, oltre alla prostituzione".
La storia che porta nel cuore?
"Non potrò mai dimenticare una donna incinta di nove mesi che ha perso il bimbo a causa delle botte. Il marito l'ha picchiata prendendola a calci nella pancia. L'avevo accompagnata in ospedale, ma non c'è stato nulla da fare, il bimbo era già morto. Ci sono tante donne che soffrono abusi di ogni tipo, l'uomo comanda, e ti senti impotente. Noi cerchiamo di aiutare e promuovere una cultura del rispetto. Le storie a cui sono legata sono tante, in questi quindici anni ho conosciuto tante persone e realtà diverse".
E' l'unica riminese?
"No, c'è anche suor Serafina che ha 73 anni".
In Brasile cosa le mancava di Rimini?
"L'esperienza della dignità e di una società vivibile. Le radici non le perdi, sono qui, anche se il cuore ormai è in Brasile. Un Paese meraviglioso, dove mi sono inserita subito anche grazie alla nostra allegria romagnola, c'è un'idea comune di festa e gioia".

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