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Cronaca

Sempre meno nebbia in Pianura Padana. L'esperto: "Ecco perché è un bene ma anche un male"

Roberto Nanni: "La diminuzione della nebbia rispetto ai decenni passati è un fenomeno ancora in corso di studio, ma c’entra probabilmente il cambiamento climatico"

Fra tutti i fenomeni meteorologici più caratteristici  dell'inverno, la nebbia è senza dubbio quello più suggestivo. In sostanza è una nuvola ad altezza del terreno che si forma in seguito alla condensazione del vapore acqueo. Dal "bel tempo" trae le origini, poichè quando c'è alta pressione il suolo si raffredda molto più velocemente, e così nell'aria, se c'è abbastanza umidità (80-90%), si raggiunge il punto di rugiada e si formano delle miniscole goccioline in sospensione (drizzly). Ma per ottenere la nebbia, oltre a una situazione meteorologica statica con assenza di moti verticali, occorre anche la presenza di particelle solide. Questi nuclei di condensazione possono avere origine naturale (pollini, polveri tra 3 e 20 micrometri) oppure, per la maggior parte, umana. Industrie e trasporti alimentati con i combustibil fossili, impianti di riscaldamento a gas, generano, oltre ai composti del carbonio (CO, CO²), inquinanti come i composti dello zolfo, il biossido di azoto, gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e, in primis, il particolato fine (PM): meglio conosciuto come polvere sottile, che per altro è la forma ritenuta più pericolosa per la salute umana quando la sua concentrazione supera certi limiti.

"Sebbene la quantità di smog (dall'inglese smoke+fog cioè inquinamento + nebbia) sia calato in modo sostanziale dagli anni Sessanta e Settanta, la percentuale di sostanze inquinanti circolanti in atmosfera sono ancora elevate - spiega Roberto Nanni, esperto meteorologo Ampro Meteo Professionisti -. A fronte della maggior idrofilia tra le sostanze chimiche e l'acqua, c'è da sottolineare che in presenza di nebbia la tossicità del particolato atmosferico raddoppia. La nebbia può quindi agire come un reattore in grado di amplificare gli effetti tossici delle sostanze chimiche contenute nel particolato compresi molti inquinanti, provocandone in parte la deposizione, in parte modificando la stessa composizione, per poi rilasciarle in atmosfera, quando la nebbia si dissivole.

"Anche se sono diminuiti gli episodi di nebbia rispetto al passato, soprattutto nei centri urbanizzati (dal 52 al 73% rispetto al periodo 1960-69), la Pianura Padana deve fare i conti con la sua geo-morfologia. È peraltro la regione d’Italia in cui sono presenti alcune delle città più grandi del paese ed è densamente industrializzata: per questo motivo vengono emesse grandi quantità di sostanze inquinanti che a causa della mancanza di vento ristagnano sulla pianura. La diminuzione della nebbia rispetto ai decenni passati è un fenomeno ancora in corso di studio, ma c’entra probabilmente il cambiamento climatico e sicuramente la diminuzione dell’inquinamento dell’aria, almeno per quanto riguarda alcune sostanze. L’aumento delle temperature medie può avere avuto in parte un ruolo perché riduce l’umidità relativa nell’atmosfera, uno dei parametri necessari alla formazione della nebbia. Ma i dati che abbiamo a disposizione dicono che negli ultimi vent’anni la frequenza dei giorni di nebbia ha smesso di diminuire, a fronte di un riscaldamento sempre più evidente", conclude l'esperto meteo.

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