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Cronaca

Omosessuale costretto a fare sesso con una lucciola dal datore di lavoro

Squallida storia di omofobia in un ristorante riminese, il titolare denunciato per minacce, ingiurie e violenza privata

E' una squallida storia di omofobia quella che vede un cuoco riminese 38enne, dichiaratamente gay, finito nelle mire del proprio datore di lavoro. L'uomo, lo scorso dicembre, era andato a lavorare nella cucina di un ristorante ed era subito diventato lo zimbello del titolare il quale, ogni giorno, lo faceva oggetto di battutacce anche davanti agli altri dipendenti.

Tra i vari insulti, il proprietario della struttura continuava a pretendere che il 38enne desse prova della sua virilità con le donne per dimostrare che non era omosessuale. Pur di interrompere questa assurda situazione il cuoco, invalido all'80% per una serie di disturbi di natura psichiatrica, anche per evitare problemi sul lavoro si era risolto di presentarsi al ristorante con una lucciola romena alla quale, però, aveva raccontato l'intera vicenda.

I due si erano quindi appartati in una stanza, messa a disposizione dal titolare del ristorante, per consumare il rapporto sessuale ma, questa situazione, non è andata bene al datore di lavoro che, a tutti i costi, si doveva accertare se il suo dipendente svolgesse "adeguatamente" il suo dovere. Ed è così che, mentre il 38enne si intratteneva con la prostituta, il proprietario del locale continuava a fare frequenti visite alla stanza per sincerarsi di quanto stava accadendo.

Alla fine, però, nonostante la testimonianza favorevole della romena, gli insulti e le prese in giro non erano terminate e, il 38enne, aveva quindi deciso di rivolgersi ai carabinieri nei primi giorni di gennaio. Venuto a sapere della denuncia per minacce, ingiurie e violenza privata sporta dal suo dipendente, il proprietario del ristorante è montato su tutte le furie arrivando a ricordare al 38enne del suo trascorso in carcere e della facilità con cui avrebbe potuto farlo sparire da Rimini. Minacce che sono finite in un'integrazione di denuncia sporta dal cuoco ai militari dell'Arma.

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In un comunicato stampa, Arcigay Rimini condanna il comportamento del ristoratore parlando di "prove tecniche di omofobia nazista". "Le cronache di oggi - prosegue la note - riportano un caso gravissimo di omofobia. Un omosessuale che lavorava come cuoco è stato costretto, sotto il ricatto del licenziamento e umiliato dal proprietario e da quasi tutti i suoi colleghi, a "dimostrare" di non essere gay con una prostituta. Porgiamo la nostra solidarietà alla persona bersaglio di tanto odio e gli offriamo il sostegno della nostra esperienza e contatti (come Ascolti Arcobaleno nato su nostra iniziativa) per superare al meglio questa difficile situazione. Questa incredibile violenza ricorda quelle che si praticavano nei campi di sterminio nazisti ai danni di centinaia di migliaia di omosessuali imprigionati, che venivano costretti con la forza ad avere rapporti con prostitute per "guarirli". Anche se qualcuno lo nega l'omofobia in Italia esiste eccome e si manifesta anche attraverso il branco come in questo caso. È una violenza che usa la leva del bisogno, con minacce di licenziamento, per meglio infierire su una persona che voleva solo fare il suo lavoro per guadagnarsi da vivere. E' evidentemente necessario introdurre il
reato di omofobia perché se quell'uomo non fosse stato gay (o percepito come tale) nulla di tutto ciò sarebbe successo, ed è quindi chiaro che l'omofobia è la causa specifica e unica di questa violenza. Vogliamo lanciare un appello agli altri ristoratori della provincia perché possano aiutare, offrendogli un lavoro, una persona in difficoltà e che dovrà affrontare ancora difficili prove. Sarebbe un modo per loro per prendere le distanze da un rappresentante della loro categoria che rischia di gettare il discredito sull'intera categoria, e questo in una città turistica come Rimini non deve succedere. Molte lesbiche e gay subiscono in silenzio e non denunciano questi fatti per via dello stigma sociale che temono di ricevere. Oggi ci aspettiamo che sia tutta la società civile e le istituzioni a dire: "vivete liberamente e apertamente, la società vi accoglie, le istituzioni vi difendono", perché questo è l'unico modo perché atti di questo genere non possano più verificarsi. Come è successo per le vittime di Charlie Hebdo, anche tutti cittadini di Rimini oggi devono dire "io sono omosessuale" e mettersi inequivocabilmente dalla parte di chi riceve violenza contro chi la perpetra".

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