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Cronaca

Stupri di agosto, il Gup: "I minorenni non si sono mai pentiti dei loro gesti"

"Fatti di gravità inaudita per l'estrema violenza, per le conseguenze riportate dalle vittime, per l'allarme creato in una zona di turismo"

Dopo la condanna del Tribunale per i Minori, che ha riconosciuto colpevoli i tre ragazzini complici di Guerlin Butungu nel duplice stupro della turista polacca e del transessuale peruviano avvenuti a Rimini lo scorso 27 agosto, arrivano le motivazioni del Giudice nei confronti dei due fratelli marocchini di 15 e 17 anni e del 16enne nigeriano. "Fatti di gravità inaudita per l'estrema violenza, per le conseguenze riportate dalle vittime, per l'allarme creato in una zona di turismo, per le modalità finora sconosciute nella nostra società, per l'assoluta mancanza di valori e la totale assenza di pietà e minima empatia umana". Con queste parole il gup del Tribunale dei minori dell'Emilia-Romagna, Luigi Martello, definisce i tre episodi di violenza (le aggressioni a due coppie con lo stupro, nel secondo caso, di una turista polacca, e lo stupro di una transessuale peruviana) avvenuti a Rimini il 12 e il 26 agosto nelle motivazioni della sentenza sui minorenni ritenuti colpevoli di aver stuprato, in concorso con il congolese Guerlin Butungu, una giovane turista polacca, pestato un suo connazionale sulla spiaggia di Miramare di Rimini e poi violentato un transessuale peruviano

Nel motivare la condanna per violenza sessuale, lesioni e rapina, comunque inferiore ai 12 anni chiesti dalla Procura, Martello cita "l'assoluta attendibilita'" dei racconti delle vittime, che assieme ai riconoscimenti effettuati dalla transessuale e da altre due persone "costituiscono una serie di elementi d'accusa concordanti e rispetto ai quali non sono possibili interpretazioni diverse". A completare il quadro ci sono le ammissioni dei tre ragazzi, che si sono presentati spontaneamente agli inquirenti. Le loro dichiarazioni, si legge nella sentenza, "eliminano ogni dubbio sull'identità degli autori dei fatti", anche se non sul loro svolgimento e soprattutto sul ruolo giocato da ognuno di loro". Le loro testimonianze si sono infatti rivelate "mendaci, parziali, autogiustificatorie, contraddittorie tra loro e sintomo di assoluta assenza di resipiscenza, al di là di alcune formali e stentate dichiarazioni di dispiacere e di pentimento", che peraltro il giudice considera "prive di reale significato, vista la mancanza di una chiara assunzione di responsabilità".

L'assenza di un reale pentimento, secondo Martello, è confermata dal fatto che anche nell'udienza dell'8 febbraio i tre "hanno continuato tranquillamente a contraddirsi, a mentire, a giustificarsi e ad attribuire quasi ogni responsabilità" a Guerlin Butungu, il 20enne congolese che per gli stessi fatti è stato condannato, in abbreviato, a 16 anni di carcere e all'espulsione dall'Italia dai giudici del Tribunale di Rimini. Non è neppure vero, per il giudice, che i tre abbiano agito "sotto minaccia o per paura del maggiorenne di cui erano succubi". Butungu, infatti, ha sicuramente svolto "un ruolo di iniziativa e di organizzazione", ma dalle descrizioni delle vittime "emerge una completa adesione da parte dei tre", che erano "ben a conoscenza, consapevoli e partecipi di quanto intendevano fare". Tra l'altro, si legge nella sentenza, che i tre non abbiano agito controvoglia è dimostrato dal fatto che hanno continuato a frequentare Butungu anche dopo i delitti, la cui reiterazione "elimina qualsiasi dubbio sulla consapevolezza di quanto commesso e sulla libera determinazione di parteciparvi".

Infatti ai tre ragazzi non è stata riconosciuta l'attenuante della minima partecipazione al reato, ma solo le attenuanti generiche per l'incensuratezza e per essersi presentati spontaneamente, aiutando gli investigatori a catturare Butungu. Queste, unite alla diminuente dell'età, vengono ritenute equivalenti alle aggravanti della violenza grave, dell'aver approfittato delle circostanze di tempo e luogo e dell'uso di strumenti lesivi, tutte contestate per uno o più episodi fra i tre per cui i giovani sono stati condannati. 

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