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Venerdì, 29 Marzo 2024
Economia

Il sondaggio di Cna: "Futuro incerto, le banche lasciano le aziende al palo"

Ortalli: “I numeri emersi dal questionario ci restituiscono il quadro drammatico della situazione che denunciamo da tempo”

CNA Rimini ha realizzato un sondaggio, 273 le imprese associate coinvolte, per comprendere le conseguenze delle misure finalizzate al contenimento dell'emergenza sanitaria adottate dal Governo a partire dal mese di marzo, tra l'altro con misure maggiormente restrittive per il territorio riminese. Provvedimenti che hanno impattato in modo drammatico sulle aziende, spingendo poi lo stesso Governo ad emanare i cosiddetti decreti “Cura Italia” e “Liquidità”. 

“I numeri del sondaggio ci restituiscono il quadro drammatico della situazione che CNA denuncia da tempo” commenta Davide Ortalli Dir. CNA Rimini “Siamo davanti a tante negative certezze: cali di fatturato, la liquidità che, a dispetto dei tanti annunci, non arriva a destinazione, dipendenti penalizzati dal mancato pagamento della Cassa integrazione, burocrazia che mette in discussione anche le misure straordinarie che i Comuni stanno pensando di adottare per favorire le imprese, mentre sono sicuri i maggiori oneri in capo alle aziende per rispettare le misure anti-contagio”. 

Non ha dubbi neppure Mirco Galeazzi Presidente di CNA Rimini sull'enorme difficoltà del momento che aggiunge “E' tutto drammaticamente incerto al punto da non consentire alle imprese di organizzarsi per la ripartenza. Non è ancora chiaro dove stia il potere decisionale e l’area di competenza, non sono chiari e non sono ufficiali i protocolli, non sono chiare le date di riapertura per alcune categorie. Non c’è niente di peggio che navigare a vista. I ritmi delle attività registreranno forti diminuzioni per osservare le nuove misure di sicurezza, con calo dell'attività, perdita di clienti e di fatturato. Per un imprenditore, oltre alla preoccupazione sulla stagione e sulla domanda del mercato, si aggiungono elementi che mettono a forte rischio la tenuta economica e sociale di tutto il nostro sistema. Ma gli imprenditori” conclude Galeazzi “hanno una visione chiara sul rilancio, con il 78,7% del campione già impegnato su forme di organizzazione, ritenute prioritarie, in chiave sicurezza".

Ma quali sono state ad oggi le ripercussioni sull'attività delle imprese? Quali le conseguenze economiche? Partiamo proprio dall'aspetto finanziario. Il 94.9% delle aziende che hanno chiesto un credito aggiuntivo, avvalendosi della garanzia pubblica, non si è ancora vista accettare la richiesta dalla banca e non ha ricevuto motivazioni a riguardo. Per i pochi che si sono visti concedere liquidità la vedono aggiungersi a linee di credito già esistenti (80%) o in sostituzione in parte a linee già esistenti (20%). Il 49,5%delle imprese intervistate si è avvalsa della sospensione dei versamenti fiscali e contributivi in scadenza nel mese di aprile, dove si è registrato mediamente un calo del fatturato superiore al 33% rispetto a marzo. Molto alta la quota di chi ha fatto ricorso agli ammortizzatori sociali: 16% per la riduzione di orario ed il 58,4% per la sospensione a zero ore. Rispetto ai titolari di partita IVA l'83,8% ha fatto richiesta del bonus da 600 euro previsto per il mese di marzo.

Il 59,1% delle aziende sta adeguando la propria attività alle nuove disposizioni in materia di prevenzione dei rischi dei dipendenti e della clientela mentre il 24,1% non sa ancora come comportarsi. Per il 49,1% delle imprese l'utilizzo delle nuove disposizioni comporterà un rallentamento e una riduzione dell'attività mentre per il 35,5% maggiori costi di gestione e nuovi investimenti. Ma l'emergenza Covid-19 ha condizionato l'impresa soprattutto nel rapporto con i clienti: per il 56,4% delle imprese c'è un effettivo rischio di perderli anche perché già 11,4% delle imprese ha perso clienti per l'emergenza sanitaria. Solo in pochi casi (10%) forme di lavoro a distanza hanno dato risultati positivi anche perché il 67,3% delle aziende intervistate esercita attività dove non è consentito farlo. Delle 273 aziende infatti il 20,2% fanno parte del settore della produzione, il 19,4% delle costruzioni, 19,8% dei servizi alle persona. E comunque l'emergenza Covid-19 porterà ad adottare alcune forme di organizzazione sperimentate durante questo periodo, soprattutto in maggior controllo sulla sicurezza per il 78,7%, ma anche nella riorganizzazione del personale, nel potenziamento delle reti e della digitalizzazione. 

Sulle riaperture gli imprenditori hanno le idee piuttosto chiare: per il 44,7% serve farlo con gradualità seguendo una programmazione concordata mentre il 19,6 ritiene opportuno procedere di pari passo con altri Paesi perché il protrarsi del lockdown comporterà perdita di quote di mercato. Pochi dubbi sullo stato d'animo degli imprenditori: il 67,1% è preoccupato, il 11,9% angosciato mentre solo il 14,6% sembra essere fiducioso o ottimista. Si tratta di una preoccupazione generalizzata, determinata in gran parte da una complessiva previsione di calo dei fatturati che con la graduale riapertura di maggio è per l'anno 2020 rispetto al 2019 in diminuzione fino al 50% per il 23,3% degli intervistati, fino al 40% per il 18,7%, fino al 30% per il 15,5% e fino al 20% per il 9,6% delle aziende che hanno risposto. Drammatico lo scenario per quasi il 30% delle imprese che prevedono un calo dei fatturati almeno del 60%.

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