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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia

"Più tutele e maggiore sostegno": a chiederlo sono le imprenditrici agricole romagnole

Le donne imprenditrici, è stato ricordato, sono ancora troppo poche in Italia e Romagna: rappresentano il 22,6% delle imprese a livello nazionale,

Le imprenditrici agricole romagnole hanno bisogno di più tutele e maggiore sostegno per poter svolgere la loro attività, così importante per la tutela e la crescita del territorio. Sono 443 le aziende agricole con titolari donne associate a Cia Romagna che, con l'associazione Donne in Campo coordinata da Stefania Malavolti, vuole dare voce alle loro esigenze e lavorare per raggiungere piena parità, opportunità e diritti. "Donne in Campo" ha organizzato giovedì la sua prima iniziativa pubblica nella sua nuova dimensione romagnola sul tema dell'imprenditoria femminile agricola, inizio di un percorso di confronto con le istituzioni. Accanto a Stefania Malavolti sono intervenuti il presidente di Cia Romagna, Danilo Misirocchi, l'assessora regionale alle Pari opportunità Emma Petitti e la responsabile Servizi alla persona di Cia Romagna, Miriam Bergamo.

Le donne imprenditrici, è stato ricordato, sono ancora troppo poche in Italia e Romagna: rappresentano il 22,6% delle imprese a livello nazionale, percentuale che scende al 20,6% se guardiamo al territorio di Forlì-Cesena, 20,9% a Ravenna, 21,9% a Rimini. Le imprese femminili agricole rappresentano a loro volta solo una piccola fetta di queste: sono il 17,9% di quelle femminili a Forlì-Cesena (1371), 15% a Ravenna, 7,3% a Rimini, e dal 2017 al 2018 sono diminuite (dati 2018 tratti dalle Camere di Commercio di Ravenna e della Romagna). “Come Donne in Campo Romagna abbiamo incontrato le imprenditrici agricole del territorio e raccolto i loro problemi e le loro esigenze – ha spiegato la coordinatrice Malavolti -. Emerge la necessità di sostegno per donne che svolgono un lavoro autonomo con capacità e amore, in grado di inventarsi un'attività e innovare trovandosi a volte in condizioni difficili e territori marginali, dovendo conciliare lavoro e famiglia. Vogliamo gli stessi diritti delle dipendenti, o perlomeno non un divario così ampio come quello esistente oggi ad esempio in caso di malattia, assistenza ai familiari, gravidanza. Le donne in agricoltura riescono a fare reddito e a mantenere la famiglia sul territorio: questo significa anche creare comunità e mantenere vivo quel territorio. Vanno riconosciuti il valore che apportano e lo sforzo che fanno”.

 “C'è un divario da colmare con politiche sociali più efficaci, così come con le competenze, anche digitali – ha sottolineato Miriam Bergamo -. Servono normative previdenziali e assistenziali per agevolare l'imprenditoria femminile; occorrono servizi, dagli asili nido alle case per anziani. Occorre poi intervenire su istruzione e formazione, incoraggiando le ragazze ad acquisire le stem, competenze tecnico scientifiche”.  Il presidente di Cia Romagna, Danilo Misirocchi, ha ricordato che il programma di mandato rivolge un'attenzione importante alle associazioni di persone che sono parte integrante della Cia (Anp, Agia, Donne in campo). “Su otto presidenti territoriali di Cia Romagna, tre sono donne. Donne in campo è importante perché è un veicolo per investire sempre di più le donne nella rappresentanza. Al di là delle quote che abbiamo previsto nei nostri organismi (30% di rappresentanza di genere), è infatti fondamentale creare percorsi che permettano alle donne di inserirsi”.

 “I problemi emersi in maniera molto chiara rispecchiano tutta la società e non solo il mondo dell'agricoltura – ha osservato l'assessora Petitti nel suo intervento di chiusura -. È una questione culturale che riguarda tutti noi, famiglie, associazioni, comunità, e di cui non possono occuparsi solo le donne. Oggi tutto il carico familiare è sulle donne (36 ore contro le 4/5 ore che ricadono sugli uomini), e abbiamo bisogno di tutelare maggiormente chi oggi ha meno diritti, perché se le donne lavorano di più, l'economia cresce di più. Le imprese under 35 femminili agricole sono aumentate in questi anni, segno che c'è volontà, fermento, desiderio, potenziale per quello che possono dare per l'economia di un territorio. È giusto pretendere normative avanzate. Le istituzioni in Emilia Romagna hanno saputo fare la differenza su questi temi, ma la maternità è ancora elemento discriminante nel trovare il lavoro e nella carriera. Su questo dobbiamo insistere, investire e mettere insieme le politiche in maniera integrata (welfare, istruzione, lavoro...). Come Regione, infine, attraverso i PSR abbiamo messo a disposizione 58 milioni di euro di finanziamenti per aziende agricole “rosa” in questi anni”.

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