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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia

Pressione fiscale, lo studio: si lavora anche 229 giorni l’anno per pagare le tasse

L’Italia al quinto posto in Europa con il 43,5%, mentre in quella della “pressione fiscale effettiva” è assolutamente prima con il 52,2%, distanziando di oltre 2 punti percentuali la seconda, rappresentata dalla Danimarca

A distanza di un anno la Fondazione dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Rimini torna ad indagare il reale impatto dell’imposizione fiscale sui redditi dei lavoratori, italiani e riminesi. Rispetto allo scorso anno, la Fondazione ha esteso l’analisi alla pressione fiscale sui redditi da lavoro autonomo. In generale, anche quest’anno lo studio mette allo scoperto la ‘bugia fiscale’ che vuole, nella classifica della “pressione fiscale ufficiale”, l’Italia al quinto posto in Europa con il 43,5%, mentre in quella della “pressione fiscale effettiva” è assolutamente prima con il 52,2%, distanziando di oltre 2 punti percentuali la seconda, rappresentata dalla Danimarca.

Per analizzare il reale impatto del fisco, lo studio ha inventariato le oltre 100 tasse esistenti in Italia e le ha ‘incrociate’ con gli stili di vita e le ipotesi di consumo desunte da dati Istat, allo scopo di individuare il carico fiscale ‘inconsapevole’ a cui i cittadini sono quotidianamente sottoposti. “Ciò che lo studio rileva – commenta il professor Giuseppe Savioli, presidente della Fondazione dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Rimini – è una pressione fiscale che umilia le persone ed il loro lavoro. Ai redditi da dipendenti, abbiamo aggiunto quest’anno una rilevazione sull’impatto del fisco su un reddito da lavoro autonomo. Ne esce un quadro ancor più deprimente, nel quale è impossibile trovare qualsiasi motivazione per accollarsi il rischio dell’avvio di nuove attività imprenditoriali”.

IL PROFILO DEI CONTRIBUENTI - Per un reddito netto di 18.200 euro, con un medio mensile in busta paga di 1.300 euro, osserva Savioli, "a pressione tributaria complessiva che deve sopportare supera il 51%. Ciò significa che un dipendente con un reddito spendibile di circa 1.300 euro mensili lascia ogni anno allo stato (e agli altri enti impositori) 12.600 euro circa. Insomma si devolve per prelievi fiscali ben 1.050 euro al mese del proprio reddito, mantenendo per sè e la propria famiglia solo 990 euro circa. Quindi si lavora ben 188 giorni all’anno del proprio tempo per pagare le imposte e solo il resto per avere reddito spendibile. Lo scorso anno i giorni erano 187, in poche parole sino a luglio inoltrato lavora per pagare il fisco".

Per un reddito netto di 35mila euro, con un medio mensile di 2.500 euro, "la pressione fiscale sfiora invece il 55% (54,49%). Del suo reddito spendibile di circa 2.500 euro mensili, lascia ogni anno allo Stato (e agli altri enti impositori) circa 30.700 euro. Questo vuol dire che si devolve, per prelievi fiscali, circa 2.560 euro al mese del proprio reddito, mantenendo per se e la propria famiglia solo 2.140 euro.In poche parola il contribuente lavora sino al 20 luglio per pagare il fisco". Con un reddito netto d'impresa di 24.500 euro, emerge come la pressione fiscale complessiva giunga al livello ‘monstre’ del 62,7% (circa due terzi). Ciò significa che il reddito spendibile si riduce al 37,3% del reddito lordo ritraibile dall’attività lavorativa e il contribuente ogni mese lascia allo stato 1.280 ero, potendo destinare ai propri consumi personali solo 761 euro. Si lavora sino al 20 agosto per pagare il fisco".

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