Padri e figli: lo scrittore Marco Missiroli presenta 'Ladri di biciclette' alla corte degli Agostiniani
Una bicicletta viene prima riscattata, poi rubata e quindi cercata: tutto in tre giorni: questa storia banale è il soggetto di uno dei film più decisivi della storia del cinema: Ladri di biciclette. Lo firma, nel 1948, Vittorio De Sica, che al suo attivo, come regista, ha già I bambini ci guardano e Sciuscià e che pochi anni dopo dirigerà Miracolo a Milano e Umberto D. Un gigante del cinema mondiale, dunque, che condivide con Federico Fellini il primato del regista italiano più premiato dall’Academy: 4 Oscar, tutti nella categoria del miglior film straniero: il riminese ne vanta anche un quinto, alla carriera. Ladri di biciclette incarna, nell’immaginario collettivo, la quintessenza del neorealismo, un movimento che ha rivoluzionato il modo di fare e di pensare il cinema. Da lì, da quella esperienza formidabile, da film come Roma città aperta e Paisà di Roberto Rossellini, La terra trema di Luchino Visconti e, appunto, Ladri di biciclette, è nato il cinema moderno.
E Ladri di biciclette è il film che ha scelto di introdurre alla corte degli Agostiniani, sabato (ore 21.30, ingresso libero), lo scrittore riminese Marco Missiroli, autore, tra gli altri, di Senza coda, premio Campiello opera prima, e del recente Il senso dell’elefante. Uno scrittore nato nell’anno di 1997: Fuga da New York di John Carpenter e de I predatori dell’arca perduta di Steven Spielberg che decide di misurarsi con un fondamentale del canone cinematografico, di tornare ad interrogare un’opera che è insieme un viaggio nella memoria e nei sogni di un paese uscito distrutto dalla guerra e uno struggente e universale racconto di formazione in cui i ruoli di padre e figlio si capovolgono.