Il Festival di Santarcangelo tira le somme: 274 eventi e quasi 6.000 biglietti venduti
Ben 274 appuntamenti in 10 giorni, di cui oltre 150 gratuiti, 154 repliche di teatro e danza (oltre 40 gratuite, 11 prime nazionali e 4 prime assolute), 9 proiezioni cinematografiche, 22 concerti gratuiti in sette differenti location, 9 progetti speciali
Ben 274 appuntamenti in 10 giorni, di cui oltre 150 gratuiti, 154 repliche di teatro e danza (oltre 40 gratuite, 11 prime nazionali e 4 prime assolute), 9 proiezioni cinematografiche, 22 concerti gratuiti in sette differenti location, 9 progetti speciali coprodotti o creati appositamente per il Festival, 17 incontri, 4 workshop, 5 installazioni, 5.870 biglietti venduti per un incasso di circa 31mila euro, circa 10.000 spettatori agli spettacoli gratuiti, 29 compagnie/artisti coinvolti, di cui 14 italiane e 15 straniere.
Queste le cifre che raccontano la 45a edizione del Festival internazionale del Teatro in Piazza, la prima affidata alla direzione unica di Silvia Bottiroli, iniziata venerdì 10 luglio e conclusasi domenica. Una edizione che si è contraddistinta in particolare per il grande afflusso degli operatori (organizzatori di festival, operatori teatrali, professionisti del settore): 155 in totale, di cui 85 italiani e 45 stranieri provenienti in generale da tutta Europa e persino da Hong Kong.
“Quella che si è appena conclusa – commenta la direttrice artistica Silvia Bottiroli - è stata un’edizione importante che, come auspicavamo, ha sollevato delle questioni sia sul festival in sé – il suo formato, le sue pratiche, il rapporto con la creazione artistica e con la città – sia sull’arte e su, come abbiamo scritto introducendo il programma, che cosa può fare e che cosa le è permesso di fare, nei luoghi deputati e nello spazio pubblico".
"Come è stato ampiamente riconosciuto dalla stampa nazionale e dalla presenza di giornalisti anche stranieri, il festival ha dimostrato una coerenza e una forza artistica importante, presentando voci artistiche originali e spettacoli di grande bellezza, e con uno spettro internazionale raro nelle programmazioni italiane. Le opere di Milo Rau, Arkadi Zaides, Motus, Bela Pinter, Teatro delle Albe, Amir Reza Koohestani, Deflorian/Tagliarini, Christophe Meierhans, tra le altre, hanno portato in scena con grande efficacia un rinnovato rapporto tra teatro e sfera politica, articolando una direzione di ricerca fondamentale del festival di Santarcangelo e una declinazione di quel rapporto tra “teatro” e “piazza” che sta alla sua origine. Parallelamente, il coinvolgimento di spazi e realtà cittadine, insieme a quello di molti abitanti, hanno caratterizzato altre creazioni, da Azdora di Markus Ohrn al catalogo di “libri umani” di Mette Edvardsen; dalla non-scuola condotta da Michele Bandini/Zoe Teatro alle audioguide per il mercato firmate da Cristian Chironi e all’installazione sonora Antologia di S di Riccardo Fazi/Muta Imago".
Continua una nota: "In una piazza che si è aperta sulle parole brucianti di Breivik’s Statement di Milo Rau e che si è chiusa con i Burning Books dell’Associazione Ubu per Franco Quadri, si è discusso della democrazia e dei suoi limiti con Some use for your broken clay pots di Christophe Meierhans, si è deciso come destinare il Fondo Speculativo di Provvidenza raccolto nelle dieci giornate (sarà reinvestito in progetti pedagogici da sviluppare durante l’anno, secondo l’indicazione ricevuta dalla maggioranza dell’assemblea), si è parlato di trasformazioni urbane e tematiche sociali con Simon Allemeersch, ci si è ritrovati attorno a concerti e proiezioni cinematografiche".
" Gli spettacoli ci hanno portato a riflettere, con i mezzi dell’arte e della scena, su un’idea di Europa, sul rapporto con il mondo arabo, sul nesso tra xenofobia e retorica populista; e ancora sul genere, sui legami affettivi e familiari, sul rapporto tra vicende biografiche individuali e Storia collettiva e su quello tra corpo e archivio, tra danza e immagine. È stato un festival habitat, luogo di lavoro, di sperimentazioni, di incontri; contesto di un’intensità rara, di concentrazione nel fare e nel guardare, che si è aperto a una dimensione autenticamente pubblica e all’incontro anche con gli sguardi estemporanei di cittadini e passanti. Un festival che con delicatezza ha popolato le strade, e di cui resta soprattutto l’immagine di un guardare attento, concentrato, calmo. Di un assumersi la responsabilità dello sguardo, di un ritrovarsi umani tra umani”.