Daria Deflorian e Antonio Tagliarini in scena con "Quasi niente"
Domenica 20 maggio, alle 18, Daria Deflorian e Antonio Tagliarini presentano all'Arboreto Teatro Dimora di Mondaino con una prova aperta lo spettacolo "Quasi niente"
Al termine della residenza creativa iniziata il 6 maggio al Teatro Dimora, i registi e performer Daria Deflorian e Antonio Tagliarini presentano lo spettacolo frutto della ricerca effettuata a Mondaino, liberamente ispirato al film di Michelangelo Antonioni Deserto Rosso.
Il nuovo lavoro di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini si ispira a Il deserto rosso, straordinario film del 1964, prima opera a colori di Michelangelo Antonioni, che prende spunto da un breve racconto di Tonino Guerra, e vede in scena una straziante e fanciullesca Monica Vitti. Giuliana, moglie e madre, attraversa il deserto della sua vita senza che nessuno possa realmente toccarla, senza toccare davvero nessuno. Il film s’interroga in maniera personalissima su quel cambiamento epocale che tutti gli artisti del dopoguerra hanno sofferto e raccontato: definito alienazione per Antonioni, genocidio culturale per Pasolini.
La compagnia ha lavorato allo spettacolo con un doppio sguardo: da una parte “più stretto” sul film, attorno alla scena dell’orgia dove non scende neanche una spallina e dall’altra “più ampio”, rompendo i confini della singola opera e osservando la questione della relazione a due – intima e sociale – attraverso l’opera di Antonioni nel suo complesso.
“La scelta è quella di essere cinque in scena, tre donne, due uomini. Prima di tutto per evitare il triangolo borghese, moglie-marito-amante e per avere la possibilità di lavorare liberamente attorno alla figura di Giuliana e infine soprattutto per rispondere alla tensione anti realistica del film.”
“I giorni di residenza sono stati importanti per iniziare a capire chi fra noi può portare una cosa chi un’altra inerente a quel male di vivere di cui parliamo e di cui proviamo a mostrarne alcuni effetti non tanto e solo psicologici, ma dovuti alla “malattia del mondo”. Nel film quella malattia era cominciata da poco, possiamo definirla come una delle conseguenze della modernità. Antonioni la osserva senza moralità, in parte senza giudizio. Ora noi ne siamo completamente immersi, talmente tanto da non osservarla nemmeno più. Come riuscire a guardarla?”