A Riccione Enzo Iacchetti con "Chiedo scusa al signor Gaber"
Dopo gli spettacoli al Teatro del Mare all’insegna della prosa d’autore, La bella stagione, rassegna teatrale della città di Riccione, propone al Palazzo dei Congressi un grande evento nel segno della musica d’autore e del teatro canzone. Protagonista assoluto è Enzo Iacchetti che sabato, alle 21.15, presenta Chiedo scusa al signor Gaber, spettacolo di cui è autore e interprete.
Insostituibile padrone di casa del Festival Gaber di Viareggio, Iacchetti è uno dei più grandi conoscitori dell’opera di Giorgio Gaber. Amico e compagno di viaggio del cantautore milanese, ne rivista con particolare ironia il primo repertorio, accompagnato sul palco dalla Witz Orchestra e dal maestro Marcello Franzoso. A fare da scenografia all’esibizione, le sculture luminose di uno dei protagonisti dell’arte italiana degli ultimi decenni, Marco Lodola.
Nato da un disco del 2010 accolto dalla critica come uno dei migliori dell’anno, Chiedo scusa al signor Gaber è molto più che un concerto. I brani originali vengono stravolti, riscritti e contaminati con citazioni e riferimenti alla musica italiana contemporanea. Come ha scritto Luzzatto Fegiz, “le canzoni diventano un esilarante Helzapoppin’ che esplode in Com’è bella la città, tormentone a base di Expo in salsa New York New York, o in Barbera e champagne, in cui irrompe la citazione rap di Jovanotti. L’apice surreale è Porta Romana, che diviene Porto Romana e si intreccia con Vengo anch’io di Jannacci”.
Torna così a vivere il Gaber degli inizi, che muove i primi passi già negli anni Cinquanta, figlio del jazz e del rock and roll. “La leggenda narra del Santa Tecla, locale un po’ equivoco a due passi dal Duomo di Milano” ricorda Massimo Bernardini. “È lì che uno studente della Bocconi, diploma di ragioniere, milanese ma di radici triestine, si trasforma in chitarrista e poi persino in cantante.” Sono gli anni delle prime esperienze musicali con Celentano, Tenco, Jannacci, Reverberi, a cui seguiranno i successi da solista degli anni Sessanta e la collaborazione sempre più stretta con l’amico e paroliere Sandro Luporini. Iacchetti ripercorre l’imprevedibile cammino artistico di Gaber, alternando alle canzoni i monologhi scritti con Giorgio Centamore. L’obiettivo? “Far sì che chi conosce Gaber non lo dimentichi mai, e chi non lo conosce possa sapere quanto fosse bravo, inimitabile e irraggiungibile” (Enzo Iacchetti).