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Referendum trivelle, Arlotti: "Ecco perché non andrò a votare"

"Il referendum è uno strumento che va rispettato, anche come confermato dalle modifiche del titolo V della Costituzione, e quella dell’astensione è una scelta politica costituzionalmente fondata"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di RiminiToday

"Il 17 aprile non andrò a votare al referendum sulle “trivelle”. Il referendum è uno strumento che va rispettato, anche come confermato dalle modifiche del titolo V della Costituzione, e quella dell’astensione è una scelta politica costituzionalmente fondata. Avevo maturato la mia decisione prima ancora che venisse decisa la linea nazionale del partito. Il governo è infatti già intervenuto sulla questione e ha già fatto i suoi passi per tutelare il nostro ambiente. E sul tema delle trivellazioni in Adriatico io sono intervenuto sin dal mio insediamento con un’interrogazione e con la firma della la risoluzione in commissione Ambiente della Camera che ha impegnato il Governo a sospendere qualsiasi procedura estrattiva entro le 12 miglia dalla costa. La Legge di stabilità, recependo il tema e stabilendo che non è possibile effettuare ricerche petrolifere nelle aree marine protette e nel raggio delle 12 miglia, anche per quanto riguarda i procedimenti in corso, ha senz’altro segnato un positivo passo in avanti rispetto alle originarie previsioni del decreto Sblocca Italia. Ha rimosso le criticità che di fatto stavano alla base della mobilitazione referendaria delle Regioni ed è stato riaffermato il principio di “leale collaborazione” che coinvolge le Regioni nei procedimenti di autorizzazione e anche di superamento di eventuali divergenze. Grazie al lavoro in Parlamento, sono state approvate norme che assicurano maggiori garanzie ambientali nel rilascio di nuove autorizzazioni e rendono il nostro Paese il più sicuro a livello europeo: verifica della solidità economica di chi fa gli interventi, valutazione ambientale complessiva dell'impianto, garanzie economiche per coprire eventuali danni ambientali.

Anche grazie alle modifiche introdotte con la Legge di stabilità, cinque degli iniziali sei quesiti referendari sono stati dichiarati inammissibili dalla Cassazione prima e dalla Corte costituzionale poi. Il quesito del 17 aprile riguarda soltanto la durata delle concessioni in corso nel raggio delle 12 miglia, non nuove concessioni né gli impianti esistenti oltre questa distanza e sulla terraferma, sui quali il referendum non ha nessun effetto. Si tratta di concessioni per oltre la metà in scadenza nei prossimi 4 anni, da cui si estrae nella quasi totalità gas naturale. Ritengo che vada completato lo sfruttamento dei giacimenti già autorizzati, attività estrattive di gas e petrolio che valgono in Italia un indotto da 20 miliardi di euro l’anno, e che questi impianti vengano utilizzati nel modo più efficiente, mantenendo i posti di lavoro e con le massime garanzie di sicurezza e tutela ambientale.

Il referendum dunque non è sulla difesa dell’ambiente né sulla politica energetica, non è uno scontro tra chi è a favore del petrolio e chi è a favore delle rinnovabili, e non ha nessun impatto immediato sull’obiettivo di una transizione energetica orientata alla sostenibilità ambientale. Da tempo il governo ha scelto di puntare sull'energia rinnovabile, sull'eolico offshore. La transizione energetica verso un modello più sostenibile è già in corso e abbiamo il secondo miglior risultato europeo in termini di produzione di energia rinnovabile. Dobbiamo spingere sulla decarbonizzazione, sull’efficientamento del patrimonio edilizio, sulle rinnovabili per rispondere agli obiettivi dell’Energy Union, del Pacchetto Clima-Energia 2030 e dell’Accordo di Parigi sul Clima. Non è certo con questo referendum che si cambierà la strategia energetica del Paese e mi stupisce che alcuni colleghi parlamentari diano il loro Sì per cancellare una norma che tutti insieme, come Pd abbiamo votato".

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