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Cronaca

L'allarme di Coldiretti: "Lupi scatenati nell'entroterra, attacchi in serie agli animali da pascolo"

Nel riminese preoccupa sempre più la presenza crescente dei predatori, il presidente Palazzi: "I pastori inermi all'escalation"

Oltre ai cinghiali, il cui numero fuori controllo è stato accertato anche dalle istituzioni solo dopo anni di continue denunce da parte di Coldiretti, nel riminese preoccupa sempre più la presenza crescente dei lupi, come testimoniato dagli attacchi in serie ai danni degli allevamenti di capre, pecore, vitelli e bovini adulti della collina. A sottolinearlo con forza, alla luce anche del recente attacco messo a segno dai lupi nell’azienda agricola di Daniele Zerbini, a Pennabilli in località Miratoio, è Guido Cardelli Masini Palazzi, Presidente Coldiretti Rimini. Pochi giorni fa, durante la notte, i predatori hanno infatti attaccato una vacca gravida facendola precipitare in una zona impervia per poi aggredirla. Solo i lamenti del povero animale agonizzante hanno permesso al titolare dell’allevamento di ritrovarla al mattino ancora viva. A seguito dell’intervento sul posto del veterinario, la vacca è stato soppressa al fine di evitarle ulteriori sofferenze. Un secondo animale attaccato dal branco, un vitello, non è stato ancora trovato.

“Con il ritorno del lupo, il lavoro dei pastori e degli allevatori è notevolmente cambiato divenendo – afferma Cardelli Masini Palazzi  – sempre più complesso e oneroso e stravolgendo le abitudini di una pratica storica. Non è infatti più possibile lasciare gli animali allo stato brado, impiegando il tempo in tutte le altre attività che caratterizzano il lavoro in montagna, dalla mungitura del latte alla fienagione. Negli ultimi anni si è infatti reso necessario un continuo vigilare su greggi e mandrie, al fine di proteggerle da attacchi di lupi poiché recinzioni e cani da pastore non sono sufficienti a scongiurare il pericolo”. In questi ultimi mesi, come detto, gli allevatori hanno assistito inermi ad una escalation di attacchi senza precedenti: l’11 luglio era toccato sempre all’azienda Zerbini subire la perdita di un vitello; il 5 agosto un altro vitello ucciso all’interno dell’azienda agricola di Franco Pradera e il 26 agosto sono state predate e uccise 8 pecore nell’azienda dei F.lli Corelli. Tutti allevamenti in zona Pennabilli e tutti i verbali di accertamento redatti dai veterinari Asl confermano che si tratta di lupi.

Oltre a dover fare la conta dei danni diretti, quelli relativi agli animali uccisi, gli allevatori subiscono anche pesanti perdite economiche indirette, per i quali non è prevista alcuna forma di indennizzo. In seguito agli attacchi da lupi, infatti, oltre agli animali che si disperdono (e se le carcasse non vengono trovate l’allevatore non ha nemmeno diritto al risarcimento!), c’è da mettere nel conto lo stress subito dagli animali che provoca aborti e drastiche riduzioni della produzione di latte, tutti fattori che comportano enormi  danni economici. “I risarcimenti – afferma Anacleto Malara, Direttore di Coldiretti Rimini – dovrebbero quindi essere congrui ai danni diretti e indiretti subiti perché i soldi pubblici non sono certo un arricchimento o un aiuto indebito, ma solo un dovuto sostegno a chi deve ricostituire un’azienda compromessa da fattori esterni, come appunto i lupi che, in condizioni normali non dovrebbero potersi spingere nelle nostre realtà territoriali fino ad una mandria al pascolo o ad un gregge”.

La Regione Emilia Romagna sul fronte dei danni –  ricorda Coldiretti Rimini – è intervenuta con i finanziamenti per la prevenzione, ma le risorse sono insufficienti e in molti casi gli attacchi si manifestano anche in presenza di recinti, dissuasori acustici, cani da guardiania. “Ci troviamo a dover lottare – si sfoga Giorgio Ricci, Vicedirettore di Coldiretti Rimini -  contro chi dipinge l’agricoltore come usurpatore del territorio quando, invece, l’agricoltore è custode del territorio. Semmai è ora che il problema della scomparsa di greggi e mandrie vada letta per quello che è, ossia il perfetto esempio di un equilibrio perduto a causa di mancati provvedimenti assunti per contenere in maniera adeguata i selvatici. Quello che forse sfugge a molti – prosegue Ricci - è il fatto che a farne le spese è tutta la comunità perché se le aziende delle zone di montagna non sopravvivono è la comunità a pagare in termini ambientali, di indotto, di occupazione e di genuinità del cibo. Inutile girarci intorno – conclude -  se gli imprenditori agricoli, sfiniti e sfiduciati, mollano tutto e scendono a valle senza mantenere più il presidio del territorio, anche la montagna, prima o poi, scenderà a valle…”.
 

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