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Cronaca

Ambientalisti contro Romagna Acque: "Nuove dighe? No, usiamo l'acqua depurata di Santa Giustina"

No ai progetti per nuovi invasi sull'Appennino romagnolo come vorrebbe Romagna Acque; sì al riuso delle acque reflue depurate per irrigazione e usi industriali, per conservare la preziosa acqua di montagna solo per gli usi civili

No ai progetti per nuovi invasi sull'Appennino romagnolo come vorrebbe Romagna Acque; sì al riuso delle acque reflue depurate per irrigazione e usi industriali, per conservare la preziosa acqua di montagna solo per gli usi civili e la potabilizzazione. Le associazioni ambientaliste della Romagna, dal Wwf a Legambiente, da Italia nostra alla Fondazione Cetacea ribadiscono, in un documento inviato a giunta e consiglieri regionali, la netta contrarietà a grandi opere con un "impatto ambientale enorme e persistente che si vogliono fare passare per esempio di economia circolare", attacca il presidente del Tavolo delle associazioni ambientaliste forlivesi, Alberto Conti. La via maestra per rispondere ai problemi di fabbisogno idrico, prosegue, è applicare leggi e normative esistenti che prevedono "il recupero e il riuso rispetto a ulteriori derivazioni idriche". Si tratta di "una risorsa enormemente superiore a quella che possono garantire gli invasi".

Romagna Acque, secondo studi annunciati un paio di anni fa, ne vorrebbe realizzare sette tra Verghereto e Tredozio in provincia di Forlì-Cesena, con uno da 20 milioni di metri cubi in località Gualchiere, sopra Bagno di Romagna, e gli altri più piccoli per un totale di 30 milioni di metri cubi. Per quello più ampio, nel Comune di Bagno di Romagna, per Conti “il sindaco aveva espresso un suo dissenso, ma ora non sappiamo più sull'avanzamento del progetto e sulla posizione del sindaco”. Un progetto "folle" perché rappresenta “un trauma per zone incontaminate e un dissesto idrogeologico in invasi in aree geo-morfologicamente instabili”, dove “prima si dissesta e poi si propone di riassestare con nuova forestazione”. Piccoli bacini, inoltre, per Conti, avrebbero vita breve per via dell'interramento e già quello di Ridracoli sarebbe utilizzabile per 28-28 milioni di metricubi perché l'acqua in fondo “non è captabile in quanto fango”. Ma e' "inaccettabile", sottolinea Conti, anche il prolungamento nel riminese del Canale emiliano-romagnolo. Fondamentali, continua, sono anche la tutela delle foreste, "indispensabili per i bacini e il ripopolamento, per maggiori quantita' e qualita' di risorsa idrica", e un piano di riassestamento idrogeologico per prevenire alluvioni e frane.

Come recuperare l'acqua per gli usi umano? Mario Gennari della Fondazione cetacea di Riccione spiega che complessivamente sono 24 i depuratori in regione e dal 2008 sono stati chiamati a redigere dei piano per il riuso e ora occorre renderli "operativi". Per cui come prevedono le normative europee, nazionali e regionali per la tutela dell'acqua, che "blindano le nostre proposte, dove si possono riutilizzare le acque reflue vanno negati nuovi prelievi. Vorremmo che le leggi venissero rispettate, non ci occupiamo di ideologia", evidenzia Gennari. Insomma le associazioni chiedono "un vincolo prioritario al riutilizzo delle acque reflue depurate dove esiste la possibilita' di farlo"

E quello di Santa Giustina di Rimini garantisce 50.000 metri cubi al giorno, 2 milioni di metricubi d'acqua all'anno, e gli utilizzi possono essere molteplici, dall'irrigazione non delle colture a terra, anche se si rendono necessari interventi per la diluizione dei cloruri, al lavaggio delle aree fieristiche fino all'industria nei cicli di raffreddamento e riscaldamento, con un risparmio dell'acqua "nobile" di Ridracoli o delle falde. Da ultimo le associazioni segnalano che occorre anche incentivare la raccolta di acqua piovana dagli edifici. (da Agenzia Dire)

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