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Cronaca Misano Adriatico

Non fu un attentato omofobo, chiesto il rinvio a giudizio del presunto autore

Ad innescare l'incendio nella piscina di Misano fu un ristoratore, per gli inquirenti all'origine del gesto c'erano delle vecchie ruggini per questioni di concorrenza

Non fu un attentato omofobo l'incendio doloso che, nella notte tra il 22 e il 23 giugno scorso, devastò il gazebo della reception della piscina olimpionica di Portoverde a Misano. Questo quello che è emerso dalle indagini dei carabinieri che hanno portato il pubblico ministero Luca Bertuzzi, che ha coordinato l'inchiesta, a chiedere il rinvio a giudizio del presunto autore del rogo. A rischiare di finire sul banco degli imputati è un ristoratore 71enne originario di Nuoro che avrebbe appiccato l'incendio per una sorta di rivalità economica dovuta al successo del bar della piscina frequentato da clientela giovane. Nel corso di una perquisizione, i carabinieri di Riccione avevano ritrovato nelle disponibilità del ristoratore una tanica per la raccolta di olii alimentari simile a quella utilizzata per dar fuoco ai locali della piscina. Non solo vi sarebbe anche un video di sicurezza, in possesso degli inquirenti, in cui si vede il ristoratore a volto scoperto raggiungere una telecamera e oscurarla con del nastro adesivo. A sostenere la matrice omofoba all'epoca erano stati i due soci che gestivano l'impianto, Marco Cervellini e Davide Piccioni, che avevano parlato di "un attacco alla comunità gay". Gli imprenditori avevano raccontato di aver ricevuto delle telefonate con pesanti insulti e, in passato, erano apparse delle scritte omofobe alle pareti della reception.

Incendio doloso alla piscina di Misano

"Il mio cliente nega ogni addebito - ha detto l'avvocato del ristoratore, Isabella Giampaoli del Foro di Pesaro -. Anzi riferisce di ottimi rapporti umani con il vicino. Quelle taniche per l'olio sono in uso a quasi tutti i ristoranti in zona. E poi ricordiamo che c'erano già state altre minacce ed episodi diversi verosimilmente collegati all'omofobia". Alla matrice omofoba, che sarebbe poi stata smentita dalle indagini dei carabinieri di Riccione coordinati dal sostituto procuratore Luca Bertuzzi, aveva chiaramente fatto riferimento pubblicamente il gestore della piscina subito dopo l'incendio. "E' stato un gesto omofobo. Sono anni che va avanti così solo perché sono gay. Avevamo esposto le bandiere arcobaleno per la settimana del Pride e si vede che a qualcuno hanno dato fastidio", aveva raccontato a giornali e tv, Davide Piccioni, il gestore della piscina che poi su internet aveva lanciato una raccolta fondi per ricostruire l'impianto.

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