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Cronaca

Fare il bagnino? In Italia si fattura 260 mila euro. "Non a Rimini, dove alla fine esce fuori lo stipendio"

Inchiesta sul mondo dei balneari. Ecco quanto fatturano e i costi delle imprese. Rimini sotto la media, perché bar e ristoranti sono con gestioni differenti. Il presidente Vanni: "Non si vive di rendita"

Fare il bagnino è un business? Prima il dato nudo e crudo: secondo lo studio di Nonisma, svelato il 23 febbraio attraverso un’indagine dedicata al mondo balneare (commissionato dal Sindacato italiano balneari e Fipe-Confcommercio), in Italia chi ha uno stabilimento ha un fatturato medio di 260 mila euro l’anno. E’ un dato medio, che va dai fatturati milionari di Flavio Briatore al piccolo stabilimento a conduzione familiare. “E’ un dato da prendere con le pinze, perché è una media Nazionale – spiega Mauro Vanni, presidente del sindacato Balneari Emilia Romagna -, ma nel quale mi ci ritrovo. Con tutte le differenze però del caso”. E ovvero: c’è chi in Italia unisce ai servizi della spiaggia la ristorazione, ma non è il caso di Rimini dove lo stabilimento (salvo rari casi) non è anche bar o ristorante. Da qui nascono le differenze: lo studio spiega come in base ai servizi cambia il numero degli addetti e se le spiagge di Ravenna e Ferrara arrivano ad avere in media 10 addetti a Rimini si scende ad appena 4 persone.

Concessioni demaniali, lo studio di Nonisma su quanto guadagnano i balneari

I dati di Rimini

“La realtà dei dati dice che alla fine chi ha uno stabilimento balneare può faticare a fine anno a mettere assieme due stipendi”, sentenzia il presidente Mauro Vanni. Perché salvo rari casi “nel Riminese quasi nessuno stabilimento supera i 150 mila/160 mila euro di fatturato. E i piccoli si fermano a 50/60 mila euro”. Naturalmente con tutte le spese da sostenere. Che sono numerose. Vanni riporta alcuni esempi pratici: il servizio di salvataggio in carico agli stabilimenti costa circa 10 mila euro, la pulizia dell’arenile 7/8 mila euro, la Tari circa 10 mila euro, il servizio notturno per tutto il periodo estivo circa altri 10 mila euro, le dune invernali circa 2 mila euro a stabilimento. In più si devono aggiungere Iva, tasse e stipendi del personale. Oltre agli investimenti. “Alla fine i costi, dal fatturato, sono tra il 60 e il 70% - spiega Vanni -, mi sento di dire che un bagnino in queste condizioni non vive di rendita”.

Gli investimenti

Ora tutti attendono al fronte i nuovi scenari, con le gare legate alla Bolkestein, ma in Italia in realtà negli anni passati i bagnini non hanno smesso di investire. Questo emerge dallo studio di Nonisma: solo meno di un’impresa su 10 si è astenuta da investimenti significativi. Si tratta di investimenti molto spesso recenti, che risalgono mediamente a 5 anni fa (2017), soprattutto per quanto riguarda attrezzature e arredi. Per questi beni, tuttavia, la necessità di ammodernamento è costante: nel biennio 2020-2022 oltre il 60% delle imprese ha acquistato attrezzature e arredi e circa il 50% strutture amovibili. Gli investimenti hanno riguardato più spesso l’area dei servizi di spiaggia (93% dei casi), bar (85%) e ristorante (70%). Oltre la metà delle imprese ha investito nell’area destinata all’intrattenimento dei bambini.

Come è strutturato il fatturato

Come spiega il presidente Mauro Vanni negli stabilimenti riminesi (salvo rari casi) il mondo del bar-ristorazione è un tema a parte con gestioni differenti dai balneari. A livello nazionale i servizi ‘tradizionali’ (spiaggia, parcheggio e noleggio) generano la metà del fatturato. L’ingresso alle strutture, dove presente, porta circa il 3% dei ricavi, mentre gli altri servizi appaiono del tutto marginali dal punto di vista della remunerazione, sebbene necessari per rendere attrattiva l’impresa.

Un fattore distintivo è rappresentato dai servizi di somministrazione in quanto hanno effetti di rilievo sul fatturato e spingono verso una maggiore complessità gestionale. Bar e ristorante determinano infatti una quota addizionale di fatturato vicina a quella dei servizi di spiaggia (44% vs 48%). Il ristorante poi spinge verso una stagionalità più lunga, tanto che oltre 1 impresa su 4 opera per oltre 6 mesi l’anno.

I dati nazionali

Le imprese balneari (marittime, lacuali e fluviali) sono 6.592 mentre ci sono 10.443 unità locali che appartengono anche ad imprese che operano in altri settori. A livello regionale resta preminente l’Emilia Romagna con quasi 1.000 imprese balneari (969), che rappresentano circa il 15% del settore, seguita da Toscana e Liguria (oltre il 10% ciascuna). L’età prevalente dei titolari è compresa nella fascia 40 e i 64 anni (68%) ma 1 su 10 è un giovane imprenditore.

Considerazioni finali

“In un quadro complessivo mi sento di affermare che non siamo degli sfruttatori, come veniamo dipinti da certa stampa – conclude il presidente Vanni -. I dati confermano come è vero che si riesce a portare a casa lo stipendio, ma non è vero che chi ha uno stabilimento vive di rendita. E’ invece vero che il settore è in grande fermento, perché produce 11 miliardi di indotto, che rappresentano una voce importante per il Pil italiano. Sullo studio di Nonisma sono dati veritieri, poi bisogna però calarsi nelle realtà e vedere le differenze che ci sono in Italia. I dati a Rimini sono molto diversi, visti i fatturati che molti riescono a fare mettendo assieme però anche la ristorazione”.

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