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Cronaca

Blitz antimafia dei carabinieri, criminalità organizzata anche a Rimini

E' di 22 ordinanze di custodia in carcere, 4 agli arresti domiciliari e 5 misure di sottoposizione all’obbligo di dimora nel Comune di residenza il bilancio dell'operazione "Mercurio"

Un pluripregiudicato detenuto che impartiva ordini e direttive dal carcere agli affiliati in libertà attraverso 'pizzini' (piccolissimi bigliettini), avvalendosi della collaborazione fedele di due luogotenenti di indiscusso spessore criminale. Sono alcuni dettagli dell'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Lecce che ha portato i carabinieri del Comando provinciale di Taranto a eseguire l'operazione 'Mercurio' non solo nella provincia jonica ma, anche, nei Comuni di Lizzano, Faggiano, Torricella, Sava, Maruggio, Prato, Rimini, Caltagirone e Milano contro una organizzazione malavitosa dedita al traffico di droga, alla spendita di banconote false e alla commissione di estorsioni ai danni di attività commerciali con metodi mafiosi, fra cui atti incendiari e ripetute minacce perpetrate con l'utilizzo di armi.

Operazione "Mercurio"

L'operazione è stata denominata 'Mercurio'. Le indagini sono state avviate dai carabinieri di Lizzano a gennaio 2016 e coordinate dalla Dda. Gli inquirenti hanno delineato l'intero organigramma della  struttura delinquenziale, con al vertice il pregiudicato detenuto. Sono 25 le ordinanze di custodia cautelare eseguite, nella notte, dai militari contro l'associazione delinquere. Secondo gli investigatori il gruppo criminale costituirebbe una frangia della Sacra Corona Unita attiva nell'area orientale della provincia ionica. Nell'ambito della stessa operazione sono state eseguite altre 5 ordinanze di custodia cautelare richieste dalla Procura della Repubblica di Taranto, nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili di rapina ed estorsione aggravata in concorso, nonché di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Tra questi, il 39enne Antonio Carrieri residente a Rimini e già detenuto per altra causa.

Il presunto capo dell'organizzazione malavitosa, secondo gli accertamenti dei carabinieri, era Giovanni
Giuliano Cagnazzo, 65 anni già detenuto, che si relazionava con le figure di spicco della organizzazione malavitosa, vigilava sugli equilibri interni ed esterni dando il proprio consenso all'affiliazione di nuovi adepti, percepiva e amministrava regolarmente i guadagni derivanti dalle attività delittuose. Tutto questo dal carcere. Il boss, dalla sua cella, faceva recapitare i "pizzini" all’esterno della struttura carceraria attraversoMaria Schinai, anche lei odierna arrestata, compagna di Angelo Scorrano, ritenuto fra gli elementi chiave del gruppo criminale. Cagnazzo, in tal modo, si relazionava con Pasquale Scurrano e Alessandro Scorrano, ritenuti organizzatori, promotori e figure di spicco della compagine malavitosa.

Particolarmente degna di nota è, per gli inquirenti, l’affiliazione al gruppo criminale di Antonello Zecca, già appartenente ad altro sodalizio operante sul territorio e già noto alle forze dell'ordine, cui era stata demandata, su espressa indicazione di Cagnazzo, la gestione operativa del racket delle estorsioni ai danni dei titolari degli stabilimenti balneari della litoranea Jonica. A suo carico sarebbero emersi gravi indizi di colpevolezza circa gli incendi appiccati nell’estate 2016 in danno dei Lidi  “La Spiaggetta”, “Bahia del Sol” e “Onda Blu”, e in relazione a un  tentativo di estorsione perpetrato nei confronti del gestore dello stabilimento denominato “L’Ultima Spiaggia”.

Tra gli arrestati spiccano poi Costantino Bianchi, gestore del traffico delle banconote false, individuate in diverse migliaia di euro, il cui profitto andava a sostenere economicamente il mantenimento in vita del gruppo criminale stesso. Alessandro Scorrano, promotore, organizzatore e coordinatore di tutte le squadre di pusher operanti sui territori di Lizzano, Faggiano, Torricella, Sava e Maruggio; ogni squadra aveva un referente e si occupava dello spaccio al minuto di cocaina, eroina, metadone ed hashish; Francesco Gualano, detto Franco, già noto alle forze dell'ordine, responsabile dell’approvvigionamento all’ingrosso dello stupefacente.

La prima indagine, Mercurio (dal nome del dio, figlio di Zeus, messaggero degli dei, nonchè dio protettore dei viaggi, dei viaggiatori e della comunicazione, da qui l'analogia con gli odierni indagati, messaggeri del boss recluso in carcere), è stata avviata a gennaio 2016 mediante indagini tecniche nei confronti di alcune persone arrestate per spaccio di eroina, cocaina e hashish, all'interno di un bar di Lizzano, ha consentito di certificare  l'esistenza di una organizzazione criminosa inquadrata nella Sacra Corona Unita. La compagine malavitosa in passato sarebbe stata capeggiata dai presunti boss Francesco Locorotondo, Giovanni Giuliano Cagnazzo e Cataldo Cagnazzo. Poi gli indagati coinvolti nella operazione odierna hanno proseguito l'attività criminale mutuandone metodi, scopi e attività, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e dalla condizione di assoggettamento ed omertà.  

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