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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Bomba ecologica in Adriatico, dalla Ue l'allarme sulla salute del nostro mare

Presentate a Rimini le interrogazioni dell'europarlamentare Andrea Zanoni che denuncia l'intenzione della Croazia di realizzare 19 piattaforme per la trivellazione di idrocarburi. Correlazioni tra la moria di tartarughe e delfini di questo inverno con le prospezioni petrolifere

"L'Adriatico è un mare delicato ma, allo stesso tempo, ha una straordinaria biodiversità che, adesso, è seriamente minacciata dalle prospezioni petrolifere eseguite in Croazia che hanno evidenziato la forte presenza di idrocarburi tanto che è in progetto la realizzazione di 19 piattaforme off-shore entro il 2019". A lanciare l'allarme è l'europarlamentare del Pd Andrea Zanoni che, lunedì a Rimini, ha illustrato le due interrogazioni presentate all'Europarlamento sulla possibile perturbazione dell'ecosistema marino. Nel corso del 2013, infatti, la società norvegese Spectrum ha "battuto" l'Adriatico in cerca di idrocarburi su commissione della Croazia utilizzando una tecnologia che emetteva forti onde sonore tra i 240 e i 260 decibel (un jet in decollo arriva a 160 decibel). Nello stesso periodo, tuttavia, si sono iniziate a registrare delle morie anomale di delfini le cui carcasse, ritrovate spiaggiate sulle coste italiane, presentavano in numerosi casi gravissimi danni all'apparato uditivo dei mammiferi. "Se il progetto croato per la realizzazione delle piattaforme dovesse andare a buon fine - ha sottolineato Zanoni - il rischio per la perdita di materiali inquinanti dalle strutture sarebbe altissimo senza dimenticare il via vai delle petroliere. Gli effetti, in un mare poco profondo come l'Adriatico, avrebbero delle cosenguenze catastrofiche soprattutto per le nostre coste. La corrente adriatica, infatti, si muove in senso antiorario risalendo le coste slave e portando tutti gli inquinanti verso l'Italia".

Il 30 gennaio 2014 - conclude l'europarlamentareil Commissario Ue all’Ambiente Janez Potočnik mi ha risposto ricordando l’obbligo degli Stati membri di rispettare le normative ambientali europee. Le 19 piattaforme petrolifere della norvegese Spectrum che saranno impiantate nel “mare croato” sono una spada di Damocle: in caso di incidente gli impatti sarebbero devastanti sulla biodiversità, sulla salute del mare e delle coste, nonché per il turismo e tutti i sistemi economici che in quelle aree dipendono strettamente dal mare. Un’unica trivella può rovinare irrimediabilmente interi tratti di coste fino ad oggi incontaminate, coprendo di petrolio un mare ricchissimo di biodiversità. Basti ricordare il disastro a cui abbiamo dovuto assistere nel 2010 quando, per 106 giorni, si è riversato nel Golfo del Messico il petrolio fuoriuscito dalla piattaforma Deepwater Horizon, affiliata alla British Petroleum, per un incidente del pozzo Macondo a 1.500 metri di profondità. Il mare Mediterraneo è sempre più esposto ad attività legate all’estrazione di petrolio e di gas e, purtroppo, questo sfruttamento riguarda anche aree protette e ad alto rischio di incidenti alla luce dell’elevata profondità delle acque”.

All'incontro ha partecipato anche Sauro Pari, direttore della Fondazione Cetacea di Riccione, che già in passato si è occupato dei problemi ambientali in Adriatico sottolineando come la realizzazione dell'impianto di rigassificazione a Porto Viro (Ro) aveva portato a una moria anomala di tartarughe. "Il nostro mare - ha spiegato Pari - per quanto vituperato è uno grande bacino di biodiversità nonostante la pesca selvaggia che impoverisce le risorse. Le prospezioni petrolifere, inoltre, hanno aggravato una situazione già di per sè precaria in un mare delicato e provato. Se le piattaforme venissero realizzate, immetterebbero in acqua un numero rilevante di inquinanti che poi si riverserebbero sulle coste italiane. Se per i delfini è stato ampiamente accertato che, almeno in parte, il loro decesso è avvenuto per le onde sonore che hanno danneggiato il loro apparato uditivo, per quanto riguarda la moria di tartarughe i dati sono ancora incerti anche se, sicuramente, dietro c'è la mano dell'uomo".

"Tra ottobre e novembre 2013 - ha concluso Pari - sono state trovate 240 carcasse di tartarughe sulle spiagge dal Veneto alle Marche l'80% delle quali sulle coste dell'Emilia-Romagna. Per effetto della corrente adriatica, quasi sicuramente gli animali sono morti sulle coste slave per qualche motivo e poi trasportate in Italia. Nel 50% dei casi analizzati dall'Università di Padova, è emerso che nei resti delle tartarughe vi era la totale assenza di flora intestinale provocata dall'ingestione dell'animale di un potentissimo antibiotico, forse cloro, che ne ha poi provocato la morte".

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