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Cronaca

Cartello "Arbeit macht frei" fuori dall'officina, l'indignazione del Comune di Rimini

La nota di palazzo Garampi: "Rimini, città medaglia d'oro per la Resistenza, non può restare indifferente a certe parole"

"Arbeit macht frei", la frase che campeggiava all'ingresso dei lager nazisti (‘Il lavoro rende liberi’) che come beffa leggevano gli internati, è stata affissa con caratteri cubitali all’ingresso di un’officina meccanica di Rimini dal titolare che, però ha spiegato di non conoscerne il significato e che, tanto meno, avesse a che fare coi campi di sterminio. Una polemica che, però, ha lasciato tutti di stucco compreso il Comune di Rimini che, alla vigilia della Gioranta della Memoria, lancia i suoi strali contro il proprietario del garage. "Rimini, città medaglia d'oro per la Resistenza – commenta palazzo Garampi - non può restare indifferente a certe parole stampate su un cartello all’ingresso di un’attività artigianale aperta al pubblico e quindi fotografate e riportate nero su bianco sulle pagine della stampa locale. Spiegando le non-ragioni che l’hanno portato ad appendere sul cancello della sua attività il cartello Arbeit macht frei, il titolare dell'officina ha dichiarato con una disinvoltura imbarazzante e penosa la sua ignoranza in merito alla storia e ‘all'uso’ di quella scritta in tutti i campi di concentramento nazisti e ad Auschwitz, sottolineando che gli è del tutto ignota anche l'istituzione del Giorno della Memoria che il mondo intero si appresta a celebrare il 27 gennaio per ricordare la tragedia dei milioni di deportati nei lager e lo sterminio di 6 milioni di ebrei. All'indignazione per il gesto di utilizzare il famigerato slogan nazista - per dire cosa esattamente rispetto ala sua attività lavorativa non ci è dato comprenderlo - si aggiunge lo sconcerto. Il titolare in questione è un cittadino italiano che ignora molte cose, a partire dalle leggi del suo stesso Stato, quando la legge per definizione non ammette ignoranza".  

"Lo sanno anche gli alunni delle scuole elementari - prosegue il Comune - che nel 2000 il Parlamento italiano ha dichiarato il 27 gennaio, giorno della liberazione di Auschwitz, il Giorno della Memoria istituendo per legge una giornata in cui è d'obbligo per l'intera società ricordare la tragedia incommensurabile di oltre un milione di italiani, tra ebrei, deportati politici, civili e soldati che vissero sofferenze indicibili sotto il nazismo e che in quei campi di concentramento in cui era esposta la scritta Arbeit macht frei (il lavoro rende liberi) furono torturati, umiliati, disumanizzati e spesso uccisi.
Ma quel che è più grave è che il signore in questione non abbia mai sentito parlare di altre leggi emanate dallo Stato italiano appena ottanta anni fa, quando per i cittadini di origine ebraica iniziò la persecuzione e la perdita totale dei diritti. Un'ignoranza civica che si mescola con l'ignoranza della storia del nostro Paese che nel 1938 si rese colpevole di una politica criminale e che sotto occupazione tedesca, dal 1943, collaborò attivamente per la deportazione degli ebrei. Ci dispiace molto che nella sua vita di ragazzo e di adulto, questo signore non abbia mai avuto una sola possibilità di ricevere il dono della trasmissione della memoria, quella memoria dei crimini della guerra e delle atrocità perpetrate su milioni di innocenti di cui in ogni famiglia si parla o si dovrebbe parlare. Così come ci dispiace che nessuno dei suoi clienti si sia mosso per fargli notare l’indicibile sfregio di quella scritta. Il Comune di Rimini promuove dal 1964, unico in Italia, un progetto di Educazione alla Memoria che ha già coinvolto più di cinquemila giovani e che ogni anno propone iniziative per tutta la cittadinanza. Tra queste, domani, mercoledì 24 gennaio alle 21, sarà proiettato il filmato girato alla liberazione di Auschwitz in cui sarà evidente il risultato dell’applicazione della politica nazista anche attraverso quella scritta, Arbeit macht frei. L'unica libertà possibile per i prigionieri di quell'inferno passava dal camino del forno crematorio, non certo dal lavoro".

"Non c’è legge, al momento e purtroppo - conclude la nota di palazzo Garampi - che obblighi il signor Bertuccioli a togliere quel vergognoso cartello. Avventurarsi su questa strada significherebbe inoltrarsi in un ginepraio di buchi, assenze, interpretazioni, ritardi e quant’altro. In Germania l’esposizione di un cartello simile sarebbe punita con il carcere, essendoci una legge specifica e inequivocabile. Ciò oltretutto fa crescere il rammarico per quella proposta di legge (la ‘legge Fiano’) che si è arenata in Senato e che punisce chiunque faccia propaganda di immagini o contenuti fascisti o nazisti. Questo però non impedirà all’Amministrazione Comunale di valutare possibili azioni in sede civile, a fronte del danno d’immagine che quel cartello arreca ad una città che, va ribadito con vigore, è città medaglia d'oro per la Resistenza. Alessandro deve togliere quel cartello dalla sua officina, immediatamente, ma non perché ci sia una legge che lo impone o perché nasce una protesta o una lamentela di qualcuno. Lo deve togliere come atto consapevole di avere sbagliato, gravemente, nel non riflettere sulla responsabilità che ognuno ha nell'usare le parole. Quanto al male dell'ignoranza esiste una cura: la conoscenza e il dialogo. Possiamo riservargli un posto alla proiezione del film e a tutte le nostre iniziative. Sarà il benvenuto".

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