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Cronaca

Centri estivi, Erbetta: "Il Comune chiama le maestre senza preavviso"

"L'amministrazione ha pensato di utilizzare il personale di ruolo alle dipendenze del Comune, in modo da abbassare i costi di gestione e quindi le tariffe da praticare"

Il consigliere comunale Mario Erbetta, segretario del gruppo Rinascita Civica, interviene sui centri estivi e sulla modalità di chiamata al lavoro delle educatrici.

L'intervento

“Mi è arrivata voce che l’amministrazione comunale lunedì mattina, con notevole ritardo, ha manifestato l’intenzione di aprire 6 centri estivi (plessi) dal 22 di giugno prossimo e sino al 22 agosto 2020 con la giustificazione di avere oltre duecento richieste – spiega l’avvocato -. Ogni plesso dovrà ospitare massimo 30 bimbi di età superiore ai tre anni con presenza di un operatore educativo ogni 5 bambini, come previsto dalle normative nazionali e regionali. In caso di presenza di portatori di handicap l’organico dovrà essere implementato di una unità ulteriore per ogni portatore di handicap. Sono previsti 2 turni di 5 ore ciascuno con sovrapposizione di due ore nella fascia mediana (in sostanza il servizio prevede 8 ore di prestazione complessiva)”.

“La cosa ha costi notevolmente più alti in termini di appalto esterno a qualche cooperativa con conseguente ricalcolo delle tariffe che le famiglie dovranno pagare. Per questo l’amministrazione ha pensato di utilizzare per 4 settimane il personale educativo di ruolo alle dipendenze del Comune di Rimini, in modo da abbassare i costi di gestione e quindi le tariffe da praticare. Quindi quattro plessi verranno gestiti dalla Cooperativa la Millepiedi e due plessi dalle educatrici comunali queste ultime per un totale di 50/60 unità. Ogni operatore comunale dovrà garantire e quindi sarà precettato per 30 giorni di servizio per 5 ore al giorno e per sei giorni a settimana”.

“Tutto bene se l’amministrazione non avesse cambiato rotta solo all’ultimo momento, dato che alle maestre comunali da tempo era stato data l’istruzione di proseguire con lo smart working nel mese di giugno e queste si sono organizzate in tal modo. Il Comune invece, con una mossa a sorpresa, ha sospeso lo smart working per le maestre dal 3 giugno in modo da creare la carenza oraria ad hoc che le obbliga a garantire i trenta giorni di servizio estivo al fine di coprire la carenza oraria maturata. Questo per aggirare un accordo firmato con i sindacati degli anni ottanta in base al quale nel periodo estivo (luglio e agosto) le educatrici devono svolgere solo attività non frontali (formazione, preparazione materiali didattici, ecc.) e che è un enorme ostacolo a questa operazione di coazione delle maestre. La giustificazione comunale è che con questa operazione non si vuole eludere l’accordo sindacale ma tale operazione si inquadra nell’emergenza Covid19. In nome quindi di un intervento “emergenziale” si crea un cattivo precedente per violare gli accordi presi dal Comune in sede sindacale”.

“Ma la cosa peggiore e che il Comune di Rimini non prende minimamente in considerazione l’essere madri e donne di queste maestre con una famiglia da organizzare e della loro dignità di professioniste sacrificate sull’altare dei costi da abbattere senza neanche il preavviso necessario per potersi organizzare sia nel menage familiare sia per organizzare i servizi secondo le linee guida. Sembra che venerdì prossimo l’amministrazione presenterà alle maestre la situazione e che il 22 giugno si apriranno i centri estivi: basteranno 10 giorni per fare i corsi alle insegnanti sulle nuove normative, i tamponi e i test sierologici obbligatori e tutto quello che è necessario per aprire i servizi di centri estivi in estrema sicurezza?”

“Tutto questo manifesta l’improvvisazione che è la costante di questa Giunta Comunale, tanti proclami che si infrangono sui macigni dei costi dei servizi e che ricadono poi sui dipendenti comunali e sui loro diritti acquisiti negli anni. Prima la mancata assunzione delle maestre precarie da oltre 15 anni, oggi la precettazione di quelle di ruolo in violazione degli accordi sindacali stipulati negli anni ottanta perché i servizi proclamati se dati esclusivamente in appalto costerebbero troppo come rette. E alla base sempre la volontà di violare i diritti di queste lavoratrici, madri e mogli che dovranno riorganizzare la loro vita familiare alla luce di questa precettazione e senza il minimo avviso. E’ ora di dire basta a questo modo di fare”, conclude Erbetta.

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