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Cronaca

Barriere di plexiglass nei ristoranti? "Non è fattibile, bisogna trovare soluzioni concrete. Sarà difficile rialzarsi"

Gaetano Callà, presidente Fipe: "Finché non arrivano delle linee guida dal Governo siamo bloccati e siamo il settore più a rischio"

Nulla sarà più come prima. Non è una semplice sensazione, ma una certezza dovuta dal Coronavirus che sta dettando nuove regole. E così, dopo la proposta dei pannelli plexiglass negli stabilimenti balneari, si affaccia la possibilità di mettere queste barriere sulle tavole dei ristoranti per separare i commensali. Una nuova proposta lanciata sempre dall'azienda modenese Nuova Neon Group 2, che ha ideato. Anche questa immagine ha fatto rapidamente il giro del web, ma non sembra però trovare il favore dei ristoratori romagnoli, che invece pensano ad altre soluzioni per combattere la crisi portata dal Coronavirus.

Per Gaetano Callà, Presidente della Fipe Confcommercio (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) di Rimini e titolare del ristorante Terrae Maris, l’idea dei posti a tavola separati da barriere di plexiglass non sono fattibili: “Non abbiamo ancora certezze per l’apertura dei ristoranti e diventa difficile pronunciarsi su questa ipotesi. Anche perché cosa facciamo, creiamo dei privè con il plexiglass e poi ci mettiamo dentro delle tende? Bisogna rendersi conto che non sono cose non fattibili. Queste soluzioni sono proposte da diverse agenzie ed aziende che hanno già pronti dei prototipi, ma serve capire anche le certezze, non so se ne abbiano. Perché io non ne ho. Non sappiamo ancora quando possiamo aprire. L’unica notizia che abbiamo è che il 4 maggio si inizierà ad aprire alcune attività, ma i ristoranti, pub, bar saranno gli ultimi a entrare in campo".

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E sulle misure da adottare Callà non  nasconde i suoi dubbi: "Siamo il settore più a rischio. Siamo collaborativi a 360° per quanto riguarda la nostra salute e quella dei nostri clienti indossando mascherine e guanti. D’altro canto gli stessi clienti che entrano nel locale devono essere responsabili. Come sappiamo se un cliente sia positivo o meno al virus? Gli chiedi il certificato medico? È assurdo. Come sono oggi le notizie mi vien voglia di chiudere la porta e di buttar via la chiave”. 

Callà è anche molto scettico sulle distanze da dover mantenere all’interno dei locali: “Impossibile nel nostro settore lavorare a questa condizione per il semplice motivo che il nostro è un luogo di socializzazione, allegria, discussione e affari. Intorno ad una tavola si concludono affari e si condividono sia feste che dispiaceri. La distanza va bene, ma prima si parlava di un metro. Adesso si parla di più. Quindi bisogna vedere quant’è questa distanza che tipologia di distanza dobbiamo tenere e come. Il 99% dei nostri ristoranti sono 70x70 dove un tavolo per due può diventare per quattro. Ma non c’è una distanza tra un cliente e quello a fianco. Capiamo che se dobbiamo mantenere una distanza di oltre un metro, su 100 posti ne vanno via 75 e ne rimangono 25. I costi, però, son sempre gli stessi, specialmente quelli di gestione. Poi, come lavoreranno gli chef? Ci vorrebbe la mascherina, la visiera e i guanti, ma con tutti i vapori della friggitrice, della griglia e tutto il resto dopo 4 ore di lavoro avranno il viso pieno di piaghe. Sul nostro lavoro se siamo bloccati a 360° sarà molto difficile lavorare”.

Per il Presidente Callà, quindi, è presto per parlare di soluzioni per un’apertura in tutta sicurezza perché prima è necessario sapere quando e come si potrà aprire. “Sia a livello nazionale, sia regionale che territoriale si parla di diverse soluzioni. Sul tavolo si mettono diversi scenari però finchè non abbiamo la certezza siamo bloccati".

Ad oggi, sottolinea Callà, il problema vero è la mancanza di liquidità che potrebbe portare alla chiusura di molti ristoranti: "Sono tante le attività che contavano sugli incassi giornalieri e oggi queste persone fanno fatica a rialzarsi. Tra un mese probabilmente saremo ancora chiusi e tutte le utenze stanno arrivando. Manca la liquidità, quindi tutti quanti siamo in una situazione difficile e grave. C'è la possibilità che in molti saranno costretti a chiudere".

E conclude: "Il lavoro è vita e questa è una situazione veramente critica. Speriamo che le linee guida del Governo ci vengano incontro e siano sufficienti per poter ricominciare, perché la gente ha voglia di tornare a lavorare. Per natura sono ottimista e voglio continuare ad aesserlo". 
 

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