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Cronaca

Dino Scaldaferri: da oltre 30 anni aiuta le persone nelle carceri e nelle comunità

Dal capezzale del figlio malato di HIV ad educatore. Ai pazienti: "La cosa importante è non desistere, non fermarsi. Trovate le ragioni per andare avanti nei vostri errori, sapendo che tutti noi siamo soggetti ad errori"

Da quando l’HIV gli ha portato via il figlio ex tossicodipendente, Dino Scaldaferri ha una missione: aiutare le persone che lottano contro la dipendenza. E’ stato Fabio, suo figlio, a consegnargli un elenco di nomi, negli ultimi mesi in cui Dino lo accudiva: "quando non ci sarò più prenditi cura anche di loro". Era il 1986. Da allora Dino Scaldaferri non si è fermato ai soli amici del suo “Fabietto”, ha mollato il suo lavoro di agente di commercio per firme importanti – come racconta nel suo libro “Mio figlio mi ha insegnato” – è diventato educatore e ha visitato carceri e comunità, portando la sua testimonianza. A oltre 84 anni il suo cammino l’ha portato a Vallecchio, chiamato da Gabriella Maggioli, responsabile della Comunità Terapeutica e del Centro Osservazione e Diagnosi. Qui ha incontrato i pazienti, ragazze e ragazzi di tutte le età e dagli accenti da tutta la penisola.

"La cosa importante è non desistere, non fermarsi. Trovate le ragioni per andare avanti nei vostri errori, sapendo che tutti noi siamo soggetti ad errori" ha detto agli utenti, raccolti in cerchio nella grande sala mensa della Comunità. "E non vergognatevi di parlare con gli educatori, se riuscite a migliorare il rapporto con loro, fatelo". "Io avevo una missione da rispettare, quando ho perso Fabietto. Era il messaggio che mi aveva dato. Se fino ad adesso avete tenuto qualcosa nel cassetto, tiratelo fuori, fino in fondo. Approfittate di questa occasione: questa è una possibilità".

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