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Cronaca Riccione

"Green Bar", sequestrati altri tre milioni di euro di beni al titolare

Le ulteriori investigazioni condotte dai finanzieri hanno fatto emergere che lo stesso C.S era titolare di quote societarie, beni immobili e disponibilità finanziarie nella Repubblica di San Marino

L’aggressione ai patrimoni illeciti accumulati da pregiudicati ritenuti socialmente pericolosi attraverso le misure di prevenzione patrimoniali previste dal nuovo Codice Antimafia si sta confermando una strategia vincente della Guardia di Finanza di Rimini. Anche quest’ultima operazione infatti, coordinata dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Rimini, Luca Bertuzzi, è frutto delle risultanze di analisi e delle metodologie operative elaborate dal Comando Provinciale nell’ambito del Progetto “Emmepi” che, come noto, prevede l’applicazione della tecnica del “doppio binario” (procedimento penale più procedimento amministrativo antimafia) sulla base di mirate indagini economico-finanziarie.

Tale impostazione investigativa ha ora in sintesi consentito di recuperare ingenti capitali già individuati in banche sammarinesi che, originariamente aggrediti penalmente, erano stati poi dissequestrati dal GIP del Tribunale di Rimini, in quanto nonostante sicuramente riconducibili all’indagato, sono stati qualificati frutto di “autoriciclaggio” e quindi restituiti in quanto tale fattispecie di reato non è ancora prevista dalla legislazione italiana e di individuare altre società e beni mobili e immobili da sottoporre a sequestro. La “tecnicità” delle argomentazioni giurisprudenziali impongono però una ricostruzione più analitica della vicenda.
 
LA QUESTIONE "GREEN BAR" - Come noto, attraverso una capillare attività di intelligence e analisi operativa nel settore delle iniziative turistico-commerciali sulla costa romagnola, nei mesi scorsi era stato individuato C.S., 45enne originario di Napoli, che, attraverso una srl a lui interamente riconducibile, gestiva il prestigioso “Green Bar” ubicato in Viale Ceccarini a Riccione. Gli approfondimenti eseguiti avevano fatto emergere una profonda discrepanza (pari a circa un milione di euro) tra reddito dichiarato e patrimonio posseduto e che tale disvalore si era formato anche attraverso plurime condotte di evasione delle imposte perpetrate attraverso dichiarazioni dei redditi non rispecchianti i reali introiti incamerati.   Sulla base di tali presupposti, il Tribunale di Rimini, Sezione Penale, nel luglio scorso, aveva emesso un decreto di sequestro anticipato d’urgenza dei beni di cui C.S. (già condannato, con patteggiamento, per aver commesso una tentata estorsione), aveva la disponibilità in valore sproporzionato rispetto al reddito prodotto e all’attività economica svolta.

SEQUESTRI - I giudici del Tribunale di Rimini, infatti, accogliendo le tesi della Procura della Repubblica e della Guardia di Finanza di Rimini, nonché recependo l’indirizzo univoco della Suprema Corte di Cassazione, avevano affermato il concetto che l’accertata pericolosità fiscale costituisce a pieno titolo “species” della  pericolosità sociale, applicando contestualmente il sequestro e la contestuale confisca delle quote della società che si occupava della gestione del “Green Bar” e di tutti beni strumentali della predetta azienda, nonché di un appartamento e di un garage ubicati nel centro di Riccione, di un motociclo di grossa cilindrata e di un’autovettura, per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro. Le ulteriori investigazioni condotte dai finanzieri del Nucleo successivamente all’esecuzione della misura di prevenzione facevano emergere che lo stesso C.S., grazie a due fiduciarie italiane, era titolare di quote societarie, beni immobili e disponibilità finanziarie nella Repubblica di San Marino, per un valore complessivo stimato di oltre 3 milioni di euro (ulteriori rispetto a quelli già emersi) e che per far rientrare in Italia le disponibilità finanziarie si era avvalso, nell’anno 2009, dello “scudo fiscale”.

RICICLAGGIO - Ipotizzando che ignoti potessero essere autori del reato di riciclaggio delle somme illegalmente accumulate da C.S. e detenute su conti corrente della Repubblica di San Marino, la Procura di Rimini aveva emesso un decreto di sequestro preventivo teso a sequestrare le somme. La parte era riuscita ad ottenerne il dissequestro argomentando la propria difesa sulle garanzie ai fini penali offerte dall’istituto dello “scudo fiscale” attraverso il quale C.S. aveva “regolarizzato” le entrate sottratte al pagamento delle imposte.
   
"DOPPIO BINARIO" - Tuttavia, gli investigatori, ponendo in essere la metodologia del “doppio binario” (ossia la parallela azione di contrasto ai proventi illeciti sia sul piano penale che su quello amministrativo delle misure di prevenzione) con un ulteriore approfondimento delle indagini, attraverso i poteri conferiti agli operanti dal Codice Antimafia, segnalavano l’esistenza dei predetti beni alla Procura della Repubblica di Rimini sostenendo che il rivendicato “scudo” non poteva proteggere anche dall’azione di prevenzione antimafia, ispirata come noto ad un più rigoroso rispetto della normativa fiscale e all’adozione di efficaci meccanismi di controllo, attraverso i quali devono essere puntualmente giustificati tutti gli investimenti operati nel tempo dal soggetto proposto.

SEQUESTRATI ALTRI 3 MILIONI DI BENI - Condividendo tale tesi, la Procura della Repubblica di Rimini richiedeva al Presidente della Sezione Penale – Misure di prevenzione - del Tribunale di Rimini che accoglieva il sequestro anticipato d’urgenza degli ulteriori beni individuati e dei capitali all’epoca dissequestrati ed emetteva il provvedimento di sequestro. In data odierna i finanzieri hanno dato esecuzione al decreto sottoponendo a sequestro nei confronti di C.S le quote ed i beni strumentali di una società immobiliare, le quote ed i beni strumentali di una Società sammarinese, disponibilità finanziarie nella Repubblica di San Marino, beni immobili ubicati in Riccione, il tutto per un ammontare complessivo stimato in 3 milioni di euro. Anche questi beni saranno gestiti da un custode ed amministratore giudiziario nominato dal Tribunale di Rimini che, complessivamente, gli ha affidato tutti i beni sequestrati alla gestione del Green Bar per un totale, allo stato, di oltre 8 milioni di euro.

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