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Cronaca

"Il Covid ha portato bene per fare i soldi", scoperta maxi truffa sui crediti d'imposta

Blitz della Guardia di Finanza di Rimini in tutta Italia, eseguite 35 misure cautelari personali di cui 8 in carcere e 4 ai domiciliari

E' di 12 persone arrestate, 23 misure interdittive nei confronti di altrettanti commercialisti e 56 persone coinvolte a vario titolo il bilancio dell'operazione "Free credit" della Guardia di Finanza di Rimini che ha scoperto una maxi truffa da 440 milioni di euro sui crediti d'imposta. Il blitz in tutta Italia è scattato all'alba del 31 gennaio e ha visto coinvolte Emilia Romagna, Abruzzo, Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino e Veneto con 80 perquisizioni e il sequestro di contanti, lingotti d'oro e criptovalute per diversi milioni di euro. Tra gli indagati 9 percepivano il reddito di cittadinanza mentre, altri 3, erano già noti per associazione a delinquere di stampo mafioso.

L'indagine era iniziata la scorsa estate quando era scattato un campanello d'allarme nel corso di una procedura fallimentare che aveva coinvolto una società riminese. In quell'occasione a segnalare alla Procura un'anomalia era stato un commercialista che aveva evidenziato come l'azienda aveva effettuato una strana cessione di crediti d'imposta. Dall'analisi era emerso gli ideatori della truffa, le 12 persone finite in manette oggi, avessero ideato un sistema quasi perfetto per frodare lo Stato attraverso la compravendita della cessione dei crediti d'imposta per le locazioni e i bonus facciate e sismabonus. Secondo gli inquirenti i principali indagati, 4 riminesi, 2 residenti a Barletta, 1 a Rovigo, 2 a Milano, 1 a Napoli e 1 a Salerno, avevano creato un vero e proprio sodalizio criminale attraverso un articolato modus operandi che sfruttava alcune falle nel sistema per l'erogazione dei crediti d'imposta.

Criptovalute, lingotti d'oro e immobili acquistati coi proventi della truffa

Il primo passo era quello di individuare aziende in gravi crisi finanziarie o oramai decotte che, però, avessero dei contratti di locazione in essere o in fase di avvio. Attraverso una serie di prestanome il gruppo riusciva ad entrare nella società in crisi fino a prenderne le redini e, di fatto, gestirle al fine di poter accedere al "Cassetto fiscale" e richiedere all'Agenzia delle Entrate l'erogazione del 60% dell'affitto del 2020 sotto forma di credito d'imposta che, poi, veniva rivenduto ad un'altra società compiacente. Così "ripulito", il credito veniva rivenduto al 50% del suo valore nominale ad altre aziende che inconsapevolmente potevano utilizzarlo per scalare le tasse da pagare oppure monetizzato attraverso le Poste Italiane che riconoscevano il 98% del 60% di cui si aveva diritto. Tra i casi più eclatanti, a fronte di un affitto di 3500 euro, questo era stato gonfiato a oltre 9 milioni per i quali era stato poi chiesto il rimborso. Secondo le Fiamme Gialle il gruppo, vista la riuscita con le locazioni, avevano poi allargato il giro interessandosi agli altri bonus. In questo secondo caso, attraverso i professionisti compiacenti, dichiaravano lavori di ristrutturazione che non erano mai stati eseguiti il tutto anche all'insaputa dei proprietari degli immobili coinvolti. Il caso più emblematico quello di un bonus facciate da oltre 41 milioni di euro per lavori mai eseguiti.

I 12 ideatori della truffa, che si riunivano periodicamente a Rimini per tracciare le strategie, si affidavano a una lunga serie di prestanome per l'intestazione fittizia delle società che andavano a chiedere i crediti d'imposta per poi inserire i vari dati delle aziende sul portale telematico. Dalle intercettazioni telefoniche è emerso come "in una mangiata di panzerotto" erano in grado di inserire per via telematica decine e decine di richieste al giorno. Per portare avanti l'inganno in tutta sicurezza, infatti, i crediti venivano parcellizzati in una rosa di 116 aziende in maniera tale da non saltare agli occhi durante i controlli. Alla fine le Fiamme Gialle hanno documentato dei movimenti dei crediti per 1 miliardo di euro.

Una truffa particolarmente redditizia tanto che, sempre dalle intercettazioni, emerge come un imprenditore si vanti del successo: "Non hai idea di quanti soldi hanno fatto - spiega l'uomo. - Non sanno più dove andare ad aprire i conti corrente in giro per il mondo per mettere i soldi". In un'altra intercettazione, invece, un altro imprenditore ringrazia della situazione che si è venuta a creare con la pandemia: "Guarda a me sinceramente, ti dico la verità, questi due anni, l'inizio del Coronavirus ha portato bene, nel senso economicamente, quindi c'è stato un... ho approfittato, ti dico la verità, sono diventato uno squalo".

I proventi venivano in parte ridistribuiti in conti correnti in tutto il mondo e, in parte, monetizzati con ulteriori investimenti in società e immobili. Tra questi spiccano l'acquisto di lingotti d'oro per 2 milioni di euro e l'investimento di altri 7 milioni di euro in criptovalute. Nel corso delle perquisizioni eseguite all'alba del 31 gennaio gli inquirenti delle Fiamme Gialle hanno trovato, anche a Rimini, trolley strapieni di contanti e monili preziosi. Sono in corso ulteriori accertamenti anche sul contenuto di diverse cassette di sicurezza.

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