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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Imprenditore riminese ferito a colpi di pistola davanti a casa

La vittima, ex gestore di ristoranti e negozi, era finito più volte nel mirino della magistratura per una serie di vicende legate alla malavita organizzata

E' stato raggiunto all'addome da un colpo di pistola, mentre si trovava sulla soglia della propria casa di Borghi, Rosario De Sisto meglio noto come "zio Pio" 63enne napoletano già noto alle forze dell'ordine. Ex gestore di ristoranti e negozi, era finito più volte nel mirino della magistratura per una serie di vicende legate alla malavita organizzata. De Sisto, nella serata di mercoledì, secondo quanto emerso stava rientrando nella propria abitazione quando qualcuno intorno alle 21 gli avrebbe esploso contro un colpo di pistola. Leggermente ferito, il 63enne è caduto a terra riportando la frattura del femore ed è stato soccorso dal personale del 118 che lo ha trasportato d'urgenza al "Bufalini" di Cesena dove non è in pericolo di vita. Sullo sparo, che avrebbe tutto il sapore di un avvertimento, indagano i carabinieri. 

"Zio Pio", ritenuto dai carabinieri a capo di un sodalizio della criminalità organizzata arrestato, insieme ad altre 5 persone, nel marzo del 2016 nell'ambito dell'operazione "Idra" è a processo davanti al Tribunale di Rimini. Ai soggetti vengono contestati reati di vario titolo: associazione per delinquere finalizzata all’estorsione, all’esercizio abusivo del credito, bancarotta fraudolenta e intestazione fittizia di beni a nome altrui. Ma non solo: tra i reati compaiono anche il trasferimento fraudolento di valori, truffa e riciclaggio. L'inchiesta era iniziata nel febbraio del 2013 sulla scia dell'inchiesta "Mirror" ed aveva portato a fare emergere i rapporti di affari tra gli indagati residenti in Romagna ed esponenti di alcuni clan camorristici di Napoli, che gestivano un sistema di riciclaggio di denaro, provento di attività illecite. A questo scopo erano state intestate ben 4 società ad alcuni prestanome: l’operazione permetterà anche il sequestro e la confisca di tali società e dei beni mobili ed immobili a loro intestati.

L'indagine degli inquirenti dell'Arma aveva fatto emergere un sistema dove spiccava in modo inequivocabile la figura di Pio Rosario De Sisto, detto "zio Pio", il quale era a capo dell’associazione dando indicazioni sulle varie operazioni criminali da portare avanti. Lo stesso, nell'aprile del 2013, aveva organizzato a Bellaria un incontro dove parteciparono i fratelli Antonio e Pasquale Nuvoletta, imparentati all’omonimo clan cammoristico di Marano di Napoli, Michele Senese, esponente di primo piano della malavita romana ed arrestato nel mese di giugno 2013 quale mandate per un omicidio del 2001, ed un altro esponente di spicco residente nel capoluogo riminese.  Questo incontro, secondo i carabinieri, aveva fortificato ancora di più l’autorità di De Sisto che entrava in affari con i Nuvoletta, avvalendosi delle loro aderenze in Campania, condividendo i proventi illeciti della truffa fatta tramite la società “Odierna Distribuzione srl”, fittiziamente intestata ad un altra persona ma di fatto a loro riferita. La ditta, in pratica, acquistava materie di vario genere (macchinari industriali, generi alimentari, ecc.), pagando con assegni post datati e comunque tratti da conti correnti privi di copertura. la merce consegnata veniva successivamente spostata su altri magazzini e buona parte veniva destinata in supermercati compiacenti nelle zone di Marano di Napoli  e San Giovanni a Teduccio. In tale contesto agli indagati è stato rubricato il reato di bancarotta fraudolenta.

L’attività investigativa ha documentato inoltre come De Sisto si dedicasse, inoltre, all’esercizio abusivo del credito in favore di una moltitudine di soggetti, tra i quali anche piccoli imprenditori, cui poi conseguiva una altrettanto stabile attività di “recupero crediti”, che in alcune occasioni sfociava in condotte estorsive. Infatti nel corso delle indagini i carabinieri hanno riscontrato l'estorsione ai danni di due imprenditori riminesi di cui, uno, è stato costretto a restituire 23500 euro a fronte di un prestito di 5200 euro. I sequestri preventivi, fatti scattare all'epoca dai carabinieri contestualmente agli arresti, avevano portato i sigilli a 72 conti correnti e altri depositi in cassette di sicurezza, 2 appartamenti, 3 autovetture, 5 autocarri e le società a loro riconducibili di cui 4 tra Rimini, Fondi e Cesena il cui valore delle quote societarie ammonta a circa 220mila euro. In totale il patrimonio sottoposto alla misura cautelare si aggira sui 600mila euro.

Più recentemente, De Sisto era stato al centro di una guerra di camorra  con un clan emergente pronto a prendersi con la forza il territorio già gestito da due bande rivali radicate da anni in provincia. Uno scontro scongiurato dai carabinieri del Comando provinciale di Rimini che nell'ottobre del 2019 arrestarono 10 persone nell'ambito dell'operazione "Hammer" la cui inchiesta era durata un anno ed era partita nel'ottobre del 2018 quando, al pronto soccorso di Rimini, si era presentato "zio Pio" Rosario De Sisto, già arrestato dai carabinieri e rinviato a giudizio nell'ambito dell'operazione "Idra". Il 63enne, legato al clan Nuvoletta e sospettato di una lunga serie di reati associativi tra cui truffa, riciclaggio, estorsione e bancarotta fraudolenta, era arrivato in ospedale con una mano massacrata a colpi di martello tanto da venire dimesso con una prognosi di 50 giorni. In quella occasione, "zio Pio", aveva denunciato di essere stato vittima di un'aggressione da parte di un gruppo di nordafricani.

Una versione che non aveva convito i carabinieri tanto che, gli inquirenti dell'Arma, avevano iniziato una serie di indagini che li avevano portati alla Viserba Rent, una società di noleggi di veicoli anche di lusso formalmente intestata ad Armando Savorra (62 anni) ma il cui vero titolare era al 40enne Antonio Acampa ritenuto, a sua volta, un prestanome di Ciro Contini di 31 anni. Quest'ultimo nipote di Eduardo, boss dell'omonimo clan napoletano. La società, che poteva contare su un parco auto di 62 veicoli, aveva fortemente insospettito i carabinieri che la ritenevano il paravento dove la cellula dei malavitosi riciclasse i denaro.

Il proseguo delle indagini aveva così fatto emergere che Ciro Contini, dopo essersi staccato dal clan famigliare, avesse aperto una cellula autonoma in Riviera pronta a taglieggiare gli imprenditori locali per estorcere loro del denaro. Per portare avanti il suo progetto, il 31enne e i suoi accoliti avevano quindi deciso di spodestare i vecchi boss che operavano nel riminese e, oltre a Rosario De Sisto nel loro mirino era finita un'altra cellula camorristica capeggiata da Massimiliano Romaniello (45 anni) e della quale facevano parte Antonino Di Dato (43 anni) e Giuseppe Ripoli (41 anni). Secondo gli inquirenti dell'Arma, l'entrata nello scacchiere riminese di un nuovo gruppo di camorristi aveva scombinato gli equilibri che, da anni, c'erano sulla Riviera anche perchè il sodalizio gestito da Contini non esitava ad usare le maniere forti per imporre la sua egemonia.

"Marchio di fabbrica" dei nuovi arrivati, infatti, era l'estrema violenza dei metodi usati per "convincere" i vecchi a cedere il posto e, oltre a "zio Pio", a farne le spese erano stati sia il Di Dato che il Ripoli entrambi massacrati di botte. A svolgere il lavoro sporco per Conticini erano, secondo le accuse, Pasquale Palumbo (44 anni), Fabio Rivieccio (28 anni) e Francesco Capasso (26 anni). Come segno distintivo dei tre "picchiatori", che venivano ingaggiati per le attività di convincimento dei rivali, c'era l'utilizzo di un martello che veniva pestato sulle mani fino a ridurre in frantumi le ossa. Oltre a Di Dato a farne le spese era stato anche il Ripoli che, portato in un capannone, era stato massacrato e rsichiando di perdere un dito.

La banda di Conticini, secondo quanto accertato dai carabinieri, per spodestare De Sisto gli aveva chiesto un "pizzo" di 30mila euro mentre, a Romaniello, gli era stato chiesto di subentrare a un'estorsione da 3mila euro al mese con la quale teneva soggiogato il titolare di una grossa ditta di autotrasporti di Rimini. Una situazione che, ai vecchi boss locali, non andava bene tanto che i due si erano rivolti rispettivamente agli uomini del clan Nuvoletta e Mazzarella con i quali avevano stretti rapporti. Era stato così deciso un summit di tutte le persone coinvolte in una masseria del napoletano al quale avevano partecipato anche gli esponenti del clan Conticini. Questi ultimi, tuttavia, avevano fatto capire che i movimenti di Ciro in Romagna non erano ben visti dalla "famiglia" e che, quindi, De Sisto e Romaniello non avrebbero avuto interferenze dalla Campania per "difendere" i loro affari illeciti.

E' stato a questo punto che i componenti delle tre cellule malavitose, a parte Ciro Conticini che nel frattempo era stato arrestato per altri reati, avevano iniziato a girare per Rimini armati temendo agguati reciproci. Un'escalation di tensione che, per ammissione degli stessi inquirenti, sarebbe bastato poco a scatenare una guerra tra bande tanto che, dal napoletano, sarebbero già stati pronti a partire dei gruppi armati per difendere gli interessi dei vari coinvolti.

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