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Cronaca

Inchiesta uranio impoverito: gli indumenti di una vittima inviati in Australia

La divisa del brigadiere Giovanni Mancuso, in missione a Nassirya e morto nel 2010 a causa di un tumore al cervello, sarà analizzata in un laboratorio per individuare particelle di materiale contaminato

Nuovo capitolo dell'inchiesta portata avanti da Davide Ercolani, sostituto procuratore di Rimini, che è partita dalle denunce dei militari ammalatisi a causa dell’uranio impoverito o da familiari di soldati defunti come Giovanni Mancuso, in missione a Nassirya e morto nel 2010 a causa di un tumore al cervello. La divisa utilizzata da Mancuso nel corso dell'operazione Antica Babilonia è stata infatti inviata all'Australian Nuclear Science & Technology Organisation (ANSTO)​ dove verrà sottoposta a una perizia da parte del professor Claudio Tuniz, dell'Università di Trieste, che collabora con l'istituto di ricerca. In particolare sono stati spediti il basco, la maglia, la tuta OP, i pantaloni e la giacca del militare deceduto che verranno comparati con altri capi di abbigliamento di Mancuso per individuare eventuali contaminazioni. Il laboratorio australiano, infatti, è l'unico dipartimento di scienze nucleari al mondo dotato di un particolare microscopio in grado di rivelare tracce dell'uranio impoverito.

Oltre che sulle cartelle cliniche del militare, la procura riminese può contare sugli atti della Commissione parlamentare d’inchiesta che ha approfondito i legami fra l’esposizione all’uranio impoverito e lo sviluppo di forme tumorali. Il capo d’accusa è di omicidio colposo, così come previsto dall’art. 589 del codice penale comune e omessa esecuzione di un incarico, riconducibile all’articolo 117 del codice penale militare di pace. Ma potrebbe non essere soltanto colpa dell’uranio impoverito visto che la Commissione d’inchiesta chiama in causa anche la somministrazione ai militari di vaccini senza esami ed anamnesi preliminari. Per quanto riguarda l’uranio Ercolani si sta muovendo in due direzioni: la dimostrazione dei rapporti di causa-effetto fra esposizione e malattia e l’identificazione dei militari in posizioni di tutela e garanzia che pur essendo a conoscenza della nocività dell’amianto non provvidero ad attrezzare i militari con protezioni adeguate.

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