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Cronaca

Individuato il killer di Makha Niang, una scheggia impazzita che poteva uccidere chiunque

Risolto il giallo dell'omicidio di via Coletti, in carcere un albanese già noto per spaccio di sostanze stupefacenti

E' stato risolto, grazie alla proficua collaborazione tra Arma dei carabinieri e polizia di Stato, il giallo di via Coletti con l'individuazione del killer di Makha Niang senegalese 27enne ucciso nella notte tra il 17 e il 18 aprile a colpi di pistola. Ad essere raggiunto da un'ordinanza di custodia cautelare in carcere è stato Genard Llanaj, 28 anni, un ‘personaggio’ di lungo corso, nonostante la sua giovane età. Era finito dritto nella maxi inchiesta sul giro di droga al Coconuts, dove aveva patteggiato la pena per spaccio, ed era nuovamente tornato in libertà. A suo carico anche un altro episodio, dove era spuntata una pistola, avvenuto a Sant'Ermete lo scorso 31 marzo. Ad inchiodare l'albanese, già in carcere proprio per la sparatoria e arrestato dai carabinieri dopo un folle inseguimento, le indagini certosine di carabinieri e polizia di Stato che hanno messo insieme i vari tasselli della vicenda escludendo, dall'omicidio, il cugino di Genard Llanaj, Atmir Mehmetllanaj, che dovrà rispondere solo del possesso della pistola usata per l'assassinio.

Il folle inseguimento dei carabinieri
per catturare il killer di Makha Niang | IL VIDEO

Secondo quanto emerso dalle indagini, la notte tra il 17 e il 18 aprile Llanaj aveva in uso il suv nero e, dall'albergo di Marina Centro nel quale risiedeva, si è avviato verso San Giuliano a velocità estremamente ridotta. A ricostruire il suo percorso ci hanno pensato 8 telecamere, i cui filmati sono stati accuratamente visionati dagli inquirenti, che lo hanno ripreso fino a quando ha imboccato via Coletti. Il 28enne albanese ha quindi percorso la strada a nemmeno 20 chilometri all'ora, come se cercasse un bersaglio qualsiasi, per poi arrivare al ponte dove si è imbattuto nella vittima che si trovava sulla panchina. Per gli investigatori, Llanaj ha fermato il suv e, presa la pistola, ha avuto il tempo per mirare e far fuoco due volte per poi allontanarsi in tutta fretta. Un omicidio a sangue freddo dal momento che, come emerso dalle indagini, i due non si conoscevano e la stessa vittima era estranea ai giri di spaccio di stupefacenti nei quali era invischiato il presunto killer.

L'omicidio Makha Niang

Per riscostruire l'omicidio, fondamentale è stato l'aiuto di alcuni testimoni che, quella notte, avevano notato il suv nero aggirarsi nella zona di San Giuliano. Questi, all'indomani dell'appello fatto dalla Procura di presentarsi per raccontare ciò che avevano visto, si erano recati dalle forze dell'ordine per esporre quanto notato. Una ulteriore ricostruizione era stata poi fatta dagli inquirenti che, con lo stesso suv e negli stessi orari, avevano fatto il medesimo percorso di Llanaj​ fino al luogo dell'omicidio incrociando, allo stesso tempo, i dati delle cellule telefoniche agganciate dal telefonino dell'indagato. L'albanese 28enne, nel pomeriggio del giorno stesso dell'omicidio, era stato poi arrestato dai carabinieri insieme al cugino Atmir Mehmetllanaj poco lontani dal luogo del delitto al termine di un'inseguimento. Nella loro auto, lo stesso suv, era stata ritrovata la pistola Smith&Wesson usata per la sparatoria di Sant'Ermete e ritenuta dagli inquirenti compatibile con l'arma usata per uccidere il senegalese. I rilievi scientifici all'interno del fuoristrada, inoltre, hanno permesso di trovare della polvere da sparo nell'abitacolo.

A caccia di indizi per l'omicidio di Makha Niang

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