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Cronaca

La 'bella vita' degli spacciatori: auto di grossa cilindrata e decine di migliaia di euro

Il personale della Divisione Anticrimine della Questura di Rimini ha eseguito nei confronti di tre albanesi un decreto di sequestro, finalizzato alla successiva confisca, di tre auto di grossa cilindrata e di decine migliaia di euro

Il personale della Divisione Anticrimine della Questura di Rimini ha eseguito nei confronti di tre albanesi un decreto di sequestro, finalizzato alla successiva confisca, di tre auto di grossa cilindrata e di decine migliaia di euro, decreto emesso dal Tribunale di Rimini su richiesta del sostituto procuratore Marino Cerioni. L’attività investigativa che ha portato al provvedimento è iniziata il 7 agosto, quando personale della Squadra Mobile della Questura ha arrestato tre uomini – due di origine albanese e uno italiano – che erano stati sorpresi con un considerevole quantitativo di cocaina, pronta per essere ulteriormente “distribuita” tra spacciatori e consumatori.

IL FATTO - Durante uno specifico servizio finalizzato al contrasto dello spaccio, i poliziotti avevano infatti notato un’auto di grossa cilindrata ferma al margine destro della carreggiata in viale Amerigo Vespucci, e un ragazzo - in piedi, sulla strada, dal lato conducente – che dopo avere infilato la mano dentro l’abitacolo la ritraeva infilandola repentinamente nella tasca dei pantaloni.  Dopo aver compreso che si era appena consumata una cessione di droga, gli operatori sono intervenuti bloccando la persona che aveva ricevuto lo stupefacente e gli occupanti del veicolo, recuperando il quantitativo di droga nel frattempo buttata a terra dall’acquirente: ben 11 grammi di cocaina confezionata con della pellicola per alimenti. E non è tutto. All’interno dell’auto i poliziotti hanno rinvenuto anche una mazzetta di banconote da 50 euro, per un totale di quasi 21mila euro, oltre ad altri 3 grammi di cocaina.
I tre uomini sono stati quindi arrestati per possesso di sostanza stupefacente ai fini di spaccio, con correlativo sequestro del veicolo, del denaro e della droga. Questi i fatti del 7 agosto scorso.

MA NON E’ TUTTO - Le circostanze dell’arresto e l’esame di alcuni immediati accertamenti convinsero gli investigatori già da allora che gli occupanti del veicolo stessonon fossero gli ultimi anelli della “catena distributiva”, ma stessero rifornendo lo spacciatore più piccolo della “sostanza” utile per essere rivenduta in riviera. E infatti gli investigatori non si sono fermati a quegli arresti, volendo fare chiarezza su uno scenario che sin dall’inizio si delineava ben più ampio rispetto a quello relativo a tre piccoli spacciatori e una singola cessione di droga.

L’ULTERIORE INDAGINE - E’ così dagli arresti è iniziata un’articolata attività di indagine volta ad approfondire la posizione dei tre arrestati: gli investigatori della Squadra Mobile e della Divisione Anticrimine della Questura di Rimini hanno infatti iniziato quindi una penetrante attività di accertamenti, verifiche e ricostruzioni volta a raccogliere ogni elemento utile per definire meglio la posizione degli arrestati, trovati con auto di grossa cilindrata e di un ingente di denaro contante, beni di cui normalmente i piccoli spacciatori non ne hanno la disponibilità. Gli investigatori infatti oltre all’attività investigativa classica fatta da appostamenti, osservazione e pedinamenti, hanno iniziato a ricostruire posizioni economiche e patrimoniali degli arrestati e delle persone ad esse collegate: “esplorando” ogni singola operazione sui loro conti correnti e verificando la disponibilità patrimoniali gli investigatori sono riusciti a ricostruire una rete di altri soggetti che ruota intorno ai due albanesi arrestati. E proprio quest’ultima attività in particolare ha permesso di raccogliere elementi e materiale sufficienti per poter contestare nei confronti di uno degli arrestati (nonché a una persona vicina) il reato previsto dai “provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa” che punisce colui che allo scopo di eludere le misure di prevenzione patrimoniali attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità di beni, procedendo quindi al loro sequestro.

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