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Cronaca Riccione

Dietro l'impero della prostituzione c'era anche un avvocato: 5 arresti

Dietro le abitazioni di uno noto avvocato di Misano, il cui nome è finito anche nell'indagine "Criminal Minds", si nascondeva un giro di prostituzione

Dietro le abitazioni di uno noto avvocato di Misano, il cui nome è finito anche nell'indagine “Criminal Minds”, si nascondeva un giro di prostituzione. A smascherarlo sono stati i Carabinieri di Riccione e di Rimini nell'ambito dell'operazione “Misano Connection”, che si è conclusa con cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere firmate dal gip Stefania Di Rienzo. Il giudice ha disposto anche il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, di tredici abitazioni.

Sotto sequestro, su richiesta dei pm Paolo Giovagnoli e Marino Cerioni che hanno condotto le indagini, anche delle carte postepay utilizzate da un tecnico informatico per ricevere i pagamenti delle prostitute. L'accusa per gli indagati è di di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento e allo sfruttamento della prostituzione nonché di violazione della Legge “Bossi-Fini”, per aver favorito la permanenza illegale sul territorio nazionale di soggetti dediti alla prostituzione. L'inchiesta è partita dall’arresto, nel febbraio 2011, di un trans brasiliano non in regola con le norme sul soggiorno dai militari di Riccione.

L'individuo aveva rilasciato informazioni relativa ad un'abitazione di Riccione usato per la prostituzione. In particolare, fin da subito sono stati individuati due dei sei indagati, tra cui R.Z. ed un noto avvocato misanese, ritenute “vicine” alla proprietà dell’immobile e che si occupavano della sua gestione, mediante la riscossione di un canone d’affitto oscillante tra mille e 1500 euro al mese, che avveniva attraverso un versamento di una cauzione pari al doppio del canone senza stipula di regolare contratto di locazione.

Sono seguiti controlli in una serie di appartamenti di Riccione che hanno permesso di appurare che erano occupate da brasiliani o donne rumene che si prostituivano. Il canone di affitto che veniva pagato era il medesimo a quello dell'altra abitazione evidenziata dal trans e che il pagamento veniva effettuato in contanti nelle mani degli interessati, che dimostravano di essere perfettamente al corrente delle provenienza dei mezzi di sostentamento degli inquilini.

L’attività investigativa, sviluppata in stretta sinergia con la Procura, è proseguita quindi con l’individuazione di tutti gli immobili - risultati essere circa una quindicina tra Riccione, Misano Adriatico e Rimini, censiti ad uno degli indagati e ad una società in accomandita semplice. Una volta localizzati gli immobili, la contestuale analisi delle relative comunicazioni di cessione di fabbricato effettuate sin dall’anno 2010 ha permesso di riscontrare che in quelle case si era registrato un “interessante” via vai di persone.

Le generalità, il sesso (donne o transessuali) e la nazionalità degli “inquilini”, hanno consentito di appurare che verosimilmente si prostituivano. Quindi, iniziando dall’esame dei moduli acquisiti presso i Comuni relativi alle “cessioni di fabbricato”, i militari hanno accertato i dati anagrafici dei soggetti indagati, ricavandone il relativo codice fiscale che, mediante consultazione della banca dati delle forze dell'ordine e di altre banche dati, ha permesso di individuarne anche i loro recapiti telefonici fissi e mobili.

Sono state acquisite informazioni sugli inquilini dalle quali poi gli inquirenti hanno cominciato a scandagliare la rete internet con i dati relative alle utenze telefoniche estrapolate dai vari soggetti, alla ricerca di riscontri in riferimento ad annunci pubblicitari per incontri di carattere sessuale.

L’intuizione investigativa ha portato a numerosi annunci che pubblicizavano incontri di carattere sessuale in cui era indicato un recapito telefonico per i contatti, corrispondente alle utenze intestate e/o in uso ai soggetti monitorati.
La prosecuzione delle indagini ha permesso poi di acquisire numerosi riscontri circa l’attività finalizzata alla riscossioni degli affitti di varie abitazione, in via esclusiva di proprietà dell'indagato o della società - cedute in locazione - in parte con contratti di affitto regolarmente registrati per un importo parziale a fattor comune inferiore rispetto a quello effettivamente percepito mensilmente ed in parte del tutto “in nero”, anche nei confronti di uomini e donne stranieri che si prostituivano, requisito indispensabile per l’affitto, dato l’elevato guadagno che da esso conseguiva.

L'avvocato è risultato al vertice di un'organizzazione, che si è avvaleva di due individui, R.Z. e M.P.. I due erano incaricati nella sistemazione degli appartamenti, riparazione, forniture di arredi, elettrodomestici, e risoluzione di eventuali diatribe tra prostitute, ma anche della riscossione del denaro anche a domicilio delle prostitute stesse, con cui mantenevano un costante rapporto sia de visu che telefonico. Inoltre provvedevano ad accompagnare le “lucciole” al luogo di lavoro.

Per affittare gli appartamente l’organizzazione si avvaleva di un tecnico informatico che gestiva la pubblicazione di annunci su alcuni siti dedicati. In particolare, D.F.P., approfittando di centinaia di contatti giornalieri con trans e prostitute, dava indicazioni su dove trovare gli appartamenti da affittare, indirizzandoli in occasione dei loro spostamenti, cosiddetti “tour”, agli appartamenti della società mantenendo stretti contatti con gli altri. D.F.P. curava inoltre l’inserimento del testo pubblicitario e provvedeva al mascheramento dei volti ed al reperimento di fotografie su internet in modo da soddisfare le richieste dei clienti. L’attività si era rivelata talmente redditizia da indurlo a dedicarsi completamente alla prostituzione.

Nel corso delle indagini è emerso che altri personaggi che traevano benefici economici dallo sfruttamento della prostituzione, come B.R.T., individuato come lo sfruttatore della prostituzione svolta dalla moglie e dalle cognate (tre sorelle), che si prostituivano sempre negli appartamenti della società.

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