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Cronaca

Neonato muore dopo un parto in casa durato oltre 30 ore, mamma e papà: "Vogliamo la verità"

Querelate le ostetriche, l'avvocato Piero Venturi: "Attorno a questa vicenda si scontrano due filosofie: la medicina così detta 'tradizionale' e quella più sfuggente e impalpabile della medicina così detta 'alternativa'"

Quello che doveva essere il più bel giorno della loro vita, la nascita del primo figlio, per mamma e papà si è trasformato in un calvario durato oltre 30 ore e che si è concluso con la morte del neonato soffocato nell'utero materno. Ora, per quel decesso, sono indagate due ostetriche di 45 e 37 anni, per le quali il pubblico ministero che coordina le indagini Anna Maria Gallucci ha ipotizzato il reato di omicidio colposo, ma allo stesso tempo le professioniste sono state denunciate dalla coppia tutelata dall'avvocato Piero Venturi che ha ravvisato una serie di irregolarità e leggerezze commesse durante il travaglio. Marito e moglie avevano da tempo deciso che il piccolo Alessandro sarebbe dovuto nascere in casa e, già prima di rimanere incinta, la madre 34enne si era avvicinata a due ostetriche, molto note nell'ambiente dei parti casalinghi, avviando allo stesso tempo tutto il percorso burocratico per ottenere le autorizzazioni dell'Ausl. La gravidanza era quindi proseguita con estrema regolarità, tanto che la ginecologa che seguiva la donna aveva rilasciato un nullaosta rilevando come si trattasse di un parto a basso rischio.

Un travaglio durato 30 ore

Anche gli ultimi giorni erano trascorsi sereni in attesa che iniziasse il travaglio, salvo il fatto che le due ostetriche avevano rilevato come il feto fosse in una posizione anomala che, a loro detta, non consentiva un parto domiciliare consigliando alla 34enne una serie di esercizi per riallinearlo e che eventualmente sarebbe stata necessaria una manovra chiamata "rebozo". Nella notte tra il 3 e il 4 novembre del 2022 erano arrivati primi segnali che il piccolo Alessandro aveva voglia di nascere e, quando si erano rotte le acque, le ostetriche erano state chiamate dalla partoriente, ma secondo il racconto di quest'ultima ad arrivare nell'abitazione era stata solo una delle due e dopo un paio di ore. Per la puerpera la mattinata del 5 novembre era stata un calvario di dolori lancinanti dovuti alle contrazioni, tanto che il marito della donna, preoccupato dalla situazione, aveva fatto la prima proposta di portare la 34enne in ospedale, trovando però l'opposizione delle professioniste che insistevano affinchè la signora restasse a bagno nella vasca. Nel pomeriggio, poi, visto che il feto era ancora posizionato in maniera sbagliata le ostetriche avevano eseguito la manovra di rebozo oltre a far camminare la paziente su e giù per le scale e a sottoporla ad esercizi di squat.

Nel frattempo le ore passavano e, nonostante fosse stato rilevato come l'utero era arrivato alla sua massima dilatazione, il neonato ancora non usciva. Marito e moglie erano molto preoccupati, ma, secondo il loro racconto, le professioniste non apparivano agitate e continuavano a sostenere che il piccolo era pronto a nascere, ma che la colpa era della madre non "predisposta" al parto nonostante oramai si vedesse la testa del piccolo. E' stato a questo punto che la coppia ha iniziato a chiedere di trasferire la partoriente in ospedale trovando, però, la fiera opposizione delle ginecologhe che non ne volevano sapere di affrontare questa soluzione: “Tu pensi già al dopo, pensi già ad andare in ospedale - sarebbe stata la loro risposta. - Ma se noi pensavamo che tu non fossi in grado di farlo qua ti avremmo già mandato, noi sappiamo che puoi farcela. Cosa pensi che se vai in ospedale la tua fatica sia finita? Se ti mandiamo in ospedale con la testa che si vede ci prendono per incompetenti le ostetriche ospedaliere”. 

Solo alle 6.30 del 6 novembre, a 30 ore dalle prime avvisaglie del parto, la 34enne era stata caricata in auto e portata in pronto soccorso a Rimini, violando il protocollo che indicava come la donna sarebbe dovuta essere stata trasportata in ambulanza del 118. Arrivata in ginecologia, però, i primi accertamenti non avevano trovato segnali del battito cardiaco del bambino e l'ecografia eseguita dalla ginecologa dell'Infermi aveva confermato la tragedia: Alessandro era morto nell'utero della propria mamma.

La ricostruzione e il "giallo" del diario clinico scomparso

In seguiti al decesso del piccolo, e l'apertura di un fascicolo d'indagine da parte della Procura, il corpo del neonato era stato sottoposto ad autopsia e sia il medico legale del pubblico ministero, Arianna Giorgetti, che quello nominato dalla coppia, Pier Paolo Balli, hanno evidenziato come il decesso sia stato causato dal soffocamento e non da alcuni giri del cordone ombelicale intorno al collo del feto. Da qui i numerosi dubbi che il legale della coppia, Piero Venturi, ha sollevato nella sua denuncia contro le ostetriche proprio in merito alla procedura utilizzata per il parto. Il primo capitolo riguarda il diario clinico che le professioniste avrebbero dovuto tenere scrupolosamente per tracciare tutte le fasi e che sarebbe dovuto venire consegnato ai medici dell'ospedale quando la partoriente era stata portata all'Infermi. Pare che, nella fretta, l'originale sia stato dimenticato a casa della donna e che le ostetriche ne abbiano redatto un secondo in tutta fretta dove però vi sarebbero delle gravi discrasie rispetto all'originale, con fatti salienti che sarebbero stati retrodatati di diverse ore. Orari che, quindi, avrebbero "accorciato" un travaglio che di fatto era durato in una maniera eccezionale superando i tempi imposti dal protocollo dell'Ausl per questi casi. Allo stesso tempo, inoltre, viene contestato il metodo di trasporto della 34enne in ospedale portata in auto dal marito e non facendo intervenire un'ambulanza del 118.

"Abbiamo deciso di sporgere querela nei confronti delle ostetriche - ha commentato l'avvocato Piero Venturi che segue la coppia - sia per accendere i riflettori sul questa tragedia famigliare, coi miei assistiti che hanno il diritto di conoscere con certezza le cause del decesso, sia perchè, se le accuse dovessero essere confermate, le professioniste vengano sospese dalla loro attività. Ho il timore che attorno a questa vicenda si scontrino due filosofie: da un lato la medicina così detta 'tradizionale' e, dall'altra, quella più sfuggente e impalpabile della medicina così detta 'alternativa' con quest'ultima che si è acuita dopo la pandemia".

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