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Cronaca

Noi Riccionesi: "Sul Trc fuga dalla responsabilità"

"È davvero umiliante assistere alla fuga dalle proprie responsabilità politiche e personali che di questi tempi agita le coscienze di quanti intorno al TRC hanno visto deflagrare anni del loro incontrastato ed arrogante dominio politico della città"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di RiminiToday

È davvero umiliante assistere alla fuga dalle proprie responsabilità politiche e personali che di questi tempi agita le coscienze di quanti intorno al TRC hanno visto deflagrare anni del loro incontrastato ed arrogante dominio politico della città. Quel dominio che a tratti è stato, perché non dirlo, anche astioso e pacchiano, nei tanti gesti esibiti e nei riti di connivenza stracciona, regalati. E che oggi, con quel poco che resta di quello e di loro, di fronte all'obbrobrio che, a loro colpevole, ridicola e dichiarata "insaputa", impietosamente, sta per invadere e mortificare la nostra città, prova a farci la morale. A darci lezioni di responsabilità e decoro. Sconfitti ma non vinti, nella loro mediocrità politica, molti di loro e tra questi chi politicamente li rappresenta non sanno fare altro che leggere le vicende del TRC con l’avvilente miopia di quel vecchio modo di fare politica, arrogante ed autoreferenziale. Il solo che a quanto sembra conoscono.

E’ bene che qualcuno dica loro che la campagna elettorale è finita da un pezzo. E che continuare a ripetere che l'azione di contrasto a questo loro "gioiello" di solido e nefasto cemento armato, portata avanti, con la determinazione che ci voleva, da questo sindaco e da questa amministrazione, insieme a larghissima parte dei cittadini, nel mai abbondonato tentativo di poterlo cambiare per evitare che sfregi irrimediabilmente la città, ha solo “motivi elettorali”, segna la cifra della loro incapacità di trovare nuove e più apprezzabili ragioni di consenso, che li lascia ancorati, in triste continuità, ad una sintassi politica che rasenta il ridicolo per atterrare sulla consueta banalità. Forse, anche se non ne sono prontamente certo, li aiuterebbe a trovarle una lettura, meno ingenua e, vivaddio, meno pedissequa alle cialtronesche volontà riminesi, di ciò che succede davvero intorno al TRC. Una lettura che si farebbe anche consapevole riflessione, per diventare certamente convinzione, sforzandoli a comprendere che se c'è una possibilità perché il Pd riemerga dalla marginalità in cui, in questa città, i suoi passati errori l'hanno desolatamente sprofondato, è proprio quella di stare dalla parte della città, non di questo sindaco, si badi bene. Ma di questa città che, tutta insieme, sta vivendo preoccupata, per il proprio futuro, il forte rischio di veder ostacolato ogni suo sforzo di rilancio, ogni suo affannoso tentativo di progettare un nuovo futuro di sviluppo e solidarietà, di benessere e di sussidiarietà.

Forse riuscirebbero così a capire, biasimando la strumentale decisione di AM, che chiudere ogni varco ai collegamenti mare-monti di una città in piena stagione turistica non è una questione “burocratica”, da regolamento dei conti, meno che meno uno strumento di vile ricatto o di astiosa “ritorsione”, da usare per destabilizzare una città e il suo sindaco. Forse riuscirebbero così a convincersi, che questa città quell'obbrobrio non lo vuole, così come il Pd, quel Pd, lo ha voluto. Abbandonino dunque il burlesque degli abbellimenti, sanno di patetica e consolatoria rassegnazione, si liberino, definitivamente, dalla sconfitta elettorale, si documentino meglio e di più sulla sostenibilità economica e ambientale dell'opera e sui tanti buchi neri che nasconde. E provino a leggere il contraddittorio tosiano a questo TRC come una legittima e ragionevole azione di speranza per la città, e lo sostengano. Scegliendo per farlo i modi e le ragioni alti di un grande partito. Dopo aver gettato alle ortiche i vecchi fantocci e quella triste ipocrisia di ieri. Ricordando a tutti che le elezioni vanno e vengono. Che si vincono e si perdono. Ma che la città resta.

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