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Cronaca

Oltre 700mila minori in Emilia Romagna: 121mila sono stranieri

Sono circa 704 mila i minorenni che risiedono in Emilia-Romagna, il 15,8% della popolazione, in crescita rispetto al 13,7% rilevato nel censimento 2001

Sono circa 704 mila i minorenni che risiedono in Emilia-Romagna, il 15,8% della popolazione, in crescita rispetto al 13,7% rilevato nel censimento 2001. I minori stranieri sono 121 mila (oltre il 17% del totale), quelli fuori famiglia (affidati o in comunità) 3.869, i minori disabili 12.511. Un 'popolo' che non vota e che non ha mezzi per farsi sentire, i cui diritti vengono spesso dimenticati, o risultano essere sconosciuti.

Ma per celebrare degnamente la Giornata dei diritti del Fanciullo, bisogna riflettere sull’applicazione della Convenzione Onu del 20 novembre 1989 e sulle “minori garanzie” che il nostro Paese ha finora predisposto alle “persone di minore età”: l’espressione non è secondaria e si fa di gran lunga preferire all’aggettivo “minori”, sottolinea Luigi Fadiga, Garante regionale per l'Infanzia e l'adolescenza dell’Emilia-Romagna

Nel suo intervento, Fadiga ha sottolineato la frammentazione delle competenze e la forte disomogeneità nelle prestazioni (con inevitabili effetti di iniquità) garantite a questa larga fascia di popolazione, l’unica, appunto, che non è politicamente e socialmente rappresentata. Il Garante si è poi soffermato sulla percezione del problema nella popolazione adulta. Secondo una recente ricerca effettuata dall’Autorità nazionale garante dell’infanzia e dell’adolescenza, l’86,4% delle persone sa che esistono leggi a protezione dei minori, ma solo il 54,7% sa che il nostro Paese ha ratificato la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo.

Alla domanda “chi difende i minori in Italia”, il 20% degli intervistati ha risposto le istituzioni nazionali (tra le quali vanno incluse la Giustizia e le Regioni), per il 23% le amministrazioni locali (e quindi i Comuni), il 27% la scuola, il 31% la Chiesa, quasi il 48% le associazioni di volontariato; solo l’8% ha risposto le forze dell’ordine. A una domanda successiva, su chi dovrebbe impegnarsi maggiormente in difesa dei minori, il 72% ha risposto le istituzioni nazionali, il 46% le amministrazioni locali, il 33% la scuola, il 15% le forze dell’ordine, il 12% la Chiesa.

Emerge, dunque, la chiara percezione di un bisogno abbinata a una sfiducia verso le istituzioni statali, regionali e locali, che contrasta con la grande fiducia nell’opera del volontariato e della Chiesa. Ai Garanti spetta un ruolo delicato, fatto di proposte, segnalazioni, raccomandazioni, diffusione di buone pratiche, per rendere concreti i diritti delle persone di minore età, l’unica fascia di popolazione che non può votare, priva di sindacati e partiti, dell’arma dello sciopero o della protesta.

Dopo aver richiamato l’attenzione sulle decine di bambini palestinesi uccisi in questi giorni, l’assessore regionale alle Politiche sociali, Teresa Marzocchi, ha spiegato come da questo convegno ci si aspetta un aiuto per rendere effettivi ed esigibili i diritti dei bambini sanciti nella Convenzione Onu. Ha poi ricordato la priorità data alla ricostruzione delle scuole nell’affrontare l’emergenza terremoto, e la crucialità delle politiche rivolte all’infanzia e all’adolescenza in questa fase di acuta crisi economica, nella quale è già evidente che queste fasce della popolazione sono esposte al rischio povertà.

In una tavola rotonda all'interno del convegno - cui hanno partecipato esperti come Paolo Morozzo della Rocca, ordinario di Diritto civile all’università di Urbino, Francesco Milanese, ex garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Friuli Venezia Giulia, Maria Giovanna Ruo, presidente dell’Associazione Camera Minorile in CamMino, Luciano Spina, presidente dell’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia e Stefano Ricci, del Dipartimento per la Salute e per i Servizi sociali della Regione Marche - sono stati posti problemi sul ruolo che potranno svolgere i Garanti regionali, puntando l’attenzione sulle “zone grigie” della legislazione.

Per esempio, il delicato rapporto fra minori e media elettronici; oppure, il bisogno di superare l’equivalenza fra sms e posta nel controllo della corrispondenza da parte dei genitori; ancora, la permanenza del Codice Rocco con la sua previsione di “abuso dei mezzi di correzione” rispetto al maltrattamento all’interno delle famiglie, a postulare che ci sia un tasso di violenza tollerabile. E, sullo sfondo, un quadro politico in cui è facile identificare la refrattarietà e il fastidio del sistema politico verso le figure di garanzia.

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