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Cronaca

Imprenditore ucciso a Pesaro. A freddarlo è stato il suo dipendente preferito

Ha ucciso il suo datore di lavoro nonostante fosse il dipendente più amato e aiutato. Si tratta di un ragazzo 25enne macedone che da 7 anni lavorava al distributore Tamoil di Montecchio alle dipendenze di Andrea Ferri, imprenditore 51enne di Pesaro freddato nella notte tra lunedì e martedì

Ha ucciso il suo datore di lavoro nonostante fosse il dipendente più amato e aiutato. Si tratta di un ragazzo 25enne macedone che da 7 anni lavorava al distributore Tamoil di Montecchio alle dipendenze di Andrea Ferri, imprenditore 51enne di Pesaro freddato nella notte tra lunedì e martedì con 5 colpi di pistola di cui 4 alla testa. Ad armare la mano del ragazzo è stata probabilmente la volontà di rapinare il caveau della ditta di Ferri che conteneva il denaro proveniente dai 4 distributori di carburante di cui era proprietario. La ferocia con cui è stato ucciso, tuttavia, sembra celare un rancore di vecchia data. Nella notte tra sabato e domenica, a seguito delle indagini, i Carabinieri di Pesaro hanno arrestato il macedone insieme al presunto complice, amico dell'assassino, un giovane di 23 anni di origini marocchine ma cittadino italiano, calciatore in una squadra dilettantistica, residente a Morciano di Romagna insieme alla famiglia.

A quanto risulta dalla ricostruzione degli inquirenti, sembra che l'assassino abbia aspettato la vittima sotto casa di un'amica nigeriana dell'imprenditore, sicuro di trovarlo a quell'indirizzo. Lì, ha atteso che l'uomo salisse sulla sua auto, una Bmw X6 e ha aperto il fuoco senza pietà. L'obiettivo principale era quello di impossessarsi della chiave elettronica che apriva il caveau, senza la quale sarebbe stato impossibile accedervi. La necessità di uccidere è nata probabilmente perchè, rubando solo la chiave, Ferri avrebbe subito messo gli investigatori sulla pista delle poche persone che potevano conoscere alcuni particolari. Quindi ha deciso di eliminarlo. Il 25enne doveva ripianare certi suoi debiti e soprattutto voleva altro denaro, almeno 20 mila euro che sapeva essere contenuti nel caveau della ditta.

Dopo aver ucciso l'imprenditore, l'assassino avrebbe tentato di fare subito il colpo al distributore dove vi era la cassaforte, ma non è riuscito a entrare. Così, ci ha riprovato nella notte tra il 6 e il 7 giugno ma suo malgrado le telecamere dell'impianto hanno ripreso tutto. Inizialmente il furto è passato inosservato perchè non c'erano segni di scasso. Soltanto dopo qualche ora, ci si è resi conto che la cassaforte era vuota. I Ris hanno quindi riguardato le immagini della notte ed ecco apparire il ladro con un casco da motociclista. Esaminando con l'apparecchiatura metrica la sua camminata, gli inquirenti hanno scoperto che era identica a quella dell'arrestato. Inoltre, date le strumentazioni sofisticate per accedere al caveau, solo una persona dell'entourage di Ferri poteva avervi accesso o sapere come procurarsi le chiavi elettroniche.

Il giovane è stato quindi fermato sabato dopo aver addirittura presenziato ai funerali di Ferri, probabilmente perchè aveva pensato che la sua assenza all'estremo saluto al datore di lavoro avrebbe insospettito i carabinieri. Dopo essere stato portato in caserma, l'assassino ha cominciato a fare le prime ammissioni. I Carabinieri sono risaliti anche al complice a casa del quale è stata rinvenuta la pistola cal. 7.65 usata nel delitto, oltre a un casco e a mazzi di chiavi presi a Ferri. A casa del macedone, invece, in una frazione di Urbino, sono state ritrovate munizioni di vari calibri, tra cui alcune compatibili con quelle usate per uccidere. Entrambi sono accusati di omicidio aggravato premeditato.

I due arrestati erano amici stretti da quanto trapela anche dal profilo Facebook del macedone. Inquietante è una foto che li ritrae, poche ore prima dell'omidicio, davanti a un vassoio pieno di carne mentre, dopo la mattanza, ne avrebbero postata un'altra davanti a un vassoio pieno di dolci, ma in seguito tolta dal social network. Domenica mattina, all'uscita dalla caserma dei carabinieri, l'assassino ha rischiato il linciaggio da parte dei colleghi di lavoro e degli amici della vittima, che poi hanno applaudito i militari. Non è escluso che vi siano altri complici, ma su questo i carabinieri, guidati dal col. Giuseppe Donnarumma, non lasciano trapelare nulla. L'inchiesta è coordinata dal pm Monica Garulli e dal procuratore Manfredi Palumbo. La vittima lascia la moglie e due figli di 12 e 18 anni. Il macedone era il dipendente più amato, quasi un terzo figlio per Ferri che aiutava di continuo anche con prestiti in denaro e che portava in vacanza con la sua famiglia.

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