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Cronaca

Omicidio di Covignano: si apre il processo e spunta un supertestimone dell'accusa

Marco Zinnanti, in aula accusato di aver sparato al tassista abusivo Leonardo Bernabini, accolto dagli amici col saluto fascista. Nella sua cella ha iniziato a scrivere una lettera per scusarsi coi familiari della vittima. Per il 23enne arriva una nuova accusa di rapina ai danni di una farmacia consumata nel marzo del 2009

Si è aperto giovedì mattina, con rito abbreviato, il processo a Marco Zinnanti accusato di aver ucciso con due colpi di fucile, il 2 settembre del 2012 il tassista abusivo 55enne Leonardo Bernabini in una stradina di campagna sul colle di Covignano. Ad attendere il 23enne nei corridoi del Palazzo di Giustizia di Rimini c'erano i suoi amici, tutti con una t-shirt che lo incitava ad avere forza e coraggio, che dalla porta dell'aula hanno salutato Zinnanti, chiuso nel gabbione, con il saluto fascista. L'udienza, che si tiene a porte chiuse, è iniziata con la richiesta del pubblico ministero Davide Ercolani di ascoltare un testimone (cosa inusuale in un processo con rito abbreviato) che avrebbe visto a casa di Zinnanti l'arma del delitto: si tratta di Eros Zanzani, 29enne, già implicato nell'omicidio di Bernabini e accusato di favoreggiamento. Zanzani, infatti, insieme alla madre Assunta Dina Di Bartolomeo, avrebbe aiutato Marco nella sua fuga in Abruzzo all'indomani dell'omicidio del 55enne. Successivamente all'istruttoria del processo, interrogato dalla squadra Mobile di Rimini lo Zanzani ha raccontato di aver già visto l'arma del delitto, un fucile a canne mozze recuperato poco lontano dalla scena del crimine, a casa del 23enne. Per l'accusa, che ha ricostruito le ultime ore di vita di Bernabini, la presenza del fucile nell'abitazione della famiglia Zinnanti in via della Lince farebbe presupporre la premeditazione del delitto.

Omicidio di Covignano

Quel 2 settembre, infatti, Zinnanti era appena uscito dalla discoteca Classic di Rimini in preda a una forte agitazione, causata dall'abuso di alcol, ed era salito sull'auto di Bernabini per farsi portare a casa con l'intento di armarsi e tornare nel locale notturno per regolare i conti con il personale della sicurezza che lo aveva sbattuto fuori. Secondo l'accusa era quindi salito nell'appartamento di via della Lince e, dopo aver preso l'arma il 23enne era tornato in macchina. Per motivi che non sono mai stati accertati, Bernabini accompagna quindi il suo omicida nella stradina di campagna sul colle di Covignano dove lo Zinannti, che sostiene di aver avuto delle avances omosessuali dal tassista abusivo, lo uccide con due colpi di fucile alla testa per poi fuggire.

La difesa del 23enne, sostenuta dall'avvocato Marco Ditroia, si è opposta alla richiesta del pubblico ministero di sentire un nuovo testimone ma il gip Sonia Pasini ha accolto l'istanza dell'accusa. L'avvocato di Zinannti, inoltre, aveva richiesto anche una seconda perizia sull'arma del delitto per cercare ulteriori impronte digitali ma la richiesta è stata rigettata dal giudice in quanto le perizie sul fucile, già eseguite nel corso di un incidente probatorio, hanno cancellato ogni ulteriore traccia. L'udienza è stata quindi aggiornata al prossimo 5 dicembre dove, sempre a porte chiuse, verrà ascoltata la testimonianza di Eros Zanzani.

Fuori dall'aula la madre, le sorelle e gli amici di Zinnanti hanno aspettato, mangiando patatine e pop corn, che l'udienza terminasse con la speranza di poter salutare il 23enne che, invece, è stato fatto uscire scortato dalla polizia Penitenziaria da un corridoio interno del tribunale. Il giovane è apparso molto provato dai 14 mesi di carcere: dimagrito e meno arrogante rispetto all'udienza di convalida dell'arresto. Nella sua cella, inoltre, avrebbe iniziato a scrivere una lettera per scusarsi coi familiari di Bernabini per il suo gesto ma, arrivato a metà, si è poi arrestato. Zinnanti continua a sostenere di aver compiuto l'omicidio in preda all'alcol e che, se fosse stato sobrio, tutto non sarebbe mai successo.

Per Zinannti, già accusato dell'omicidio di Bernabini e del tentato omicidio di un omosessuale avvenuto nel parco della Cava di Rimini, si è aperto anche un nuovo fronte processuale. Il 23enne, infatti, è indagato per una rapina a mano armata ai danni di una farmacia di via Euterpe il 21 marzo del 2009 che fruttò un bottino di 5.500 euro. Ad inchiodare il ragazzo è il ritrovamento, all'epoca, di un'impronta digitale lasciata dal rapinatore sulla porta della farmacia. In quella occasione, le indagini riuscirono a identificare 15 punti di corrispondenza tra la traccia lasciata dal malvivente e le impronte digitali di Zinnanti. Le ulteriori indagini, svolte in occasione dell'omicidio Bernabini e l'evoluzione dei sistemi dei Ris di Parma, hanno permesso di effettuare una nuova perizia che ha dato il risultato di 22 punti di corrispondenza. A questo si aggiunge il modus operandi di Zinnanti che, come in occasione del tentato omicidio dell'omosessuale, avrebbe camuffato la propria voce con un accento napoletano e utilizzato un revolver di piccolo calibro simile a quello usato nel parco della Cava.

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