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Cronaca

Plastica nelle reti dei pescatori: la ricetta di Cgil per aiutare i pescatori ed avere un mare più pulito

Siti di raccolta in banchina, deposito gratuito del rifiuto, filiera di sbarco collegata alla filiera per i rifiuti urbani

Siti di raccolta in banchina, deposito gratuito del rifiuto, filiera di sbarco collegata alla filiera per i rifiuti urbani. Questa la ricetta della Cgil di Rimini per combattere la presenza della plastica in mare, facendo in modo che i pescherecci non ributtino quella che si ritrovano nelle reti. "Tanti di loro" quando pescano accidentalmente dei rifiuti di plastica li rigettano in mare per colpa di "troppa burocrazia nella resa, difficoltà nella classificazione del rifiuto, oneri in più da pagare", spiegano la segretaria della Cgil Rimini Isabella Paolucci, e il responsabile regionale Flai-Cgil Pesca Marco Rinaldi. Certo, aggiungono, "le complicazioni non mancano a partire dalle interpretazioni delle leggi, dai palleggi tra competenze e territorialità, dalla stessa definizione di rifiuto, fino alla scarsa azione di coesione tra i soggetti coinvolti. Ecco allora le proposte del sindacato: organizzare siti di prima raccolta differenziata della plastica in aree vicine ai punti di sbarco. Ben venga allora il bando emesso dal Flag-Costa dell'Emilia-Romagna in favore dei Comuni per progettare "isole ecologiche funzionali alla raccolta e gestione dei rifiuti del mare, nonché contenitori destinati alla raccolta e gestione del pesce non rigettato in mare e non destinato alla vendita". Il contributo per ogni domanda va da 10.000 a 40.000 euro. Una direttiva europea, proseguono i due sindacalisti, prevede che "per i rifiuti accidentalmente pescati e raccolti nelle reti durante le operazioni di pesca, non si imponga alcuna tariffa diretta". Però, sottolineano, l'attività di pulizia volontaria dei pescatori "va valorizzata e agganciata a filiere potenzialmente redditizie e sostenibili".

Da qui le proposte del sindacato per creare una filiera di sbarco collegata alla filiera che già opera in banchina per i rifiuti urbani inserendo questa attività in piani locali di gestione e monitoraggio attraverso nuova formazione e nuove professionalità. L'accumulo, concludono pavolucci e Rinaldi, "va aggredito a valle ma soprattutto a monte e questo riguarda prima di tutto il nostro stile di vita e di consumo".

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