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Cronaca

I privati preferiscono affittare le case ai turisti. L'assessore: "Sono troppe, bisogna cambiare le regole"

La società Nomisma ha calcolato che bastano 120 giorni di locazioni brevi per guadagnare l’equivalente di un anno in affitti a medio termine

Il Governo pare intenzionato ad accogliere l’appello arrivato in maniera corale dagli amministratori locali, aprendo alla possibilità di intervenire sulla regolamentazione degli affitti brevi, tema tornato di grande attualità negli ultimi mesi ma su cui dibatte ormai da diversi anni. La questione è nota e riguarda in maniera trasversale tutte le città, piccole e grandi, ma impatta in maniera più pesante sulle realtà ad alta vocazione turistica. 

Già il sindaco Sadegholvaad qualche settimana fa aveva pubblicamente evidenziato virtù e pecche di un modello di ospitalità che ha sì il pregio di arricchire il ventaglio di opzioni dell’offerta ricettiva andando incontro alle esigenze di una nuova clientela, ma ha pure il difetto di aver ‘dopato’ le dinamiche immobiliari, togliendo dal mercato gli alloggi per le locazioni sul medio-lungo periodo, oggi sempre in maggior misura destinati alle locazioni brevi, con un conseguente innalzamento dei prezzi e con l’impossibilità per famiglie e lavoratori di trovare appartamenti a prezzi accessibili. Per il solo territorio di Rimini si parla di una stima di circa 4.500 camere disponibili con questa tipologia.

Ora sul tema interviene l'assessore alle attività economiche Juri Magrini: "Come Comune di Rimini da tempo stiamo monitorando l’evoluzione del fenomeno per cercare di capire quali potrebbero essere gli strumenti sotto il profilo normativo e fiscale che potrebbero contribuire a riequilibrare queste dinamiche: grazie all’approfondito lavoro di analisi e di studio degli uffici siamo in grado di presentare tre prime proposte che agiscono sotto l’aspetto normativo e fiscale per arginare la fuoriuscita di abitazioni dal mercato delle locazioni residenziali pur garantendo anche ai grandi portali di home sharing di operare e andando al contempo ad ampliare le azioni di contrasto all’evasione dell’imposta di soggiorno".

Le proposte

"La prima azione riguarda la presentazione di un emendamento al decreto legge 50/2017 (art. 4 Regime fiscale delle locazioni brevi). A oggi il reddito che deriva dalle locazioni brevi è assoggettabile alla cedolare secca (21%) fino a un numero massimo di quattro appartamenti, che consente quindi un significativo risparmio di Irpef. L’emendamento che ipotizziamo restringerebbe l’applicazione della cedolare secca a una sola abitazione, riequilibrando quindi il beneficio fiscale. Paradossalmente, gli affitti brevi creano una disuguaglianza economica: la società Nomisma ha calcolato che bastano 120 giorni di locazioni brevi per guadagnare l’equivalente di un anno in affitti a medio termine", spiega Magrini.  

"La seconda azione coinvolgerebbe la Regione Emilia Romagna intervenendo in due direzioni: a) attribuendo, così come già avviene in altre regioni, il codice identificativo che viene attribuito alle strutture ricettive anche agli immobili destinati a locazione breve, meccanismo utile per il recupero dell’evasione dell’imposta di soggiorno e dell’Irpef; b) modificare la L.R. 16/2004 per diminuire il numero degli appartamenti affittabili in regime privatistico da tre a uno e per togliere il divieto, per gli appartamenti ammobiliati ad uso turistico, di farsi pubblicità che potrebbe quindi portare all'emersione dei locatori brevi che ora evitano di dichiararsi al Suap".  

"Queste proposte possono affiancarsi a quella presentata solo poche settimane fa a Venezia dalla rete Ata (Alta Tensione Abitativa) che si fonda su alcuni principi di base come limitare il numero di immobili dati in locazione breve, attribuire ai comuni la facoltà (e non l’obbligo) di individuare limiti e zone dove applicarli, evitare l’aggregazione di autorizzazioni in capo a un singolo soggetto e garantire comunque l’esercizio delle attività che non hanno un impatto sulla residenzialità e che sono realmente riconducibili alla sharing economy (come nel caso dell’affitto di singole stanze o intere case) per un massimo di 90 giorni".   

"Qualcosa si può fare anche attraverso regolamenti comunali, come abbiamo già fatto peraltro nella manovra finanziaria di quest’anno, andando a ridurre l’Imu per il canone concordato per agevolare i proprietari degli immobili o aumentare il fondo di garanzia per i locatori", conclude Magrini.

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