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Cronaca

Fissato il processo per il femminicida, uccise la compagna davanti al figlio con 51 coltellate

L'autopsia aveva evidenziato come il corpo di Cristina fosse stato prima martoriato con 14 colpi di mattarello con l'assassino che aveva poi infierito con la lama

Si aprirà il prossimo 5 giugno il processo in Corte d'Assise per Simone Benedetto Vultaggio, il 48enne che lo scorso 25 giugno in via Rastelli uccise la compagna 33enne Cristina Peroni davanti al figlio di appena 6 mesi. L'uomo, oltre di omicidio pluriaggravato, dovrà rispondere anche di maltrattamenti in famiglia dopo che il gip ha rilevato come l'assassinio non sia stato "il frutto di una frustrazione fortissima e però determinante", ma un'azione giunta "all'esito di una serie di condotte reiterate e già pienamente maltrattanti". Le indagini della Squadra mobile, infatti, avevano portato il magistrato ad emettere una  nuova ordinanza cautelare che era stata notificata in carcere a Vultaggio dove si sottolineava come i maltrattamenti nei confronti della vittima erano iniziati con la convivenzavessazioni di natura sia fisica che psicologica quelle delineate dagli inquirenti tra "costanti atteggiamenti denigratori e offensivi", schiaffi e botte anche quando lei era incinta o mentre allattava il piccolo".

Femminicidio in via Rastelli a Rimini

Nell'ordinanza il gip aveva sottolineato nei confronti del 48enne una "crudeltà che già prima della gravidanza lo contraddistingueva" e che si è manifestata attraverso un "dolo unitario e abituale" messo in campo per mantenere "un contesto di convivenza doloroso, di prevaricazione e soggezione". La donna, "inizialmente innamoratissima" del compagno, quando aveva realizzato la portata della situazione era cambiata radicalmente virando verso un atteggiamento di "paura per il figlio e per sé". Per ricostruire dopo la morte l'entità dei contestati maltrattamenti, gli investigatori hanno sentito familiari, amici della defunta e colleghi di lui; hanno raccolto le confidenze che la vittima aveva fatto attraverso i messaggi telefonici, hanno analizzato i cellulari di vittima e 47enne e hanno acquisito la relazione sulle dichiarazioni rilasciate dalla Peroni al centro anti-violenza dello sportello del Comune di Monterotondo (Roma). Il 12 febbraio la vittima aveva scritto questo messaggio a un'amica: "Se muoio mio figlio va affidato a mia mamma, nel mio telefono ci sono varie prove per il giudice: io me ne voglio andare da qui, non so come fare".

Quella del figlio era diventata un'ossessione per Vultaggio tanto che, subito dopo il delitto, le sue uniche preoccupazioni erano per il bambino le cui sorti al momento sono ancora in fase di decisione da parte del Tribunale dal momento che sia i famigliari della vittima che quelli del 48enne ne hanno chiesto l'affidamento. Quello di Cristina Peroni è stato il terzo femminicidio del 2022 a Rimini quando, nella mattinata del 25 giugno, la coppia aveva iniziato a litigare nella villetta di via Rastelli tanto che le urla avevano attirato l'attenzione dei vicini e farli scendere in strada allarmati dalle grida della 33enne e dal pianto disperato del bambino. "Basta! Basta!" aveva gridato la vittima e, subito dopo, sulla strada era sceso un silenzio agghiacciante mentre era scattato l'allarme che aveva fatto accorrere sul posto sia le pattuglie della Polizia di Stato che l'ambulanza del 118. I primi soccorritori, saliti al primo piano della villetta, si erano trovati davanti agli occhi una scena agghiacciante: la 33enne riversa a terra nella camera da letto in un mare di sangue, il compagno a sua volta sporco di sangue e il piccolo di 6 mesi che piangeva in una maniera straziante. Il medico di Romagna Soccorso non aveva potuto fare nulla per salvare Cristina Peroni e ne aveva dichiarato il decesso mentre l'uomo, con ancora gli schizzi di sangue sul volto, era stato portato in strada. Secondo i vicini, che avevano assistito alla scena, il 47enne aveva un sorriso sulle labbra mentre rassicurava tutti dicendo che "Il bambino sta bene. Adesso lei (riferendosi alla compagna - ndr.) la smetterà di parlare male di me al piccolo".

L'autopsia sul corpo della vittima aveva evidenziato come Cristina era stata martoriata con “quattordici colpi di mattarello sul capo” prima di sferrarle “cinquantuno fendenti di coltello (a serramanico, della lunghezza di 19 centimetri, ndr) diretti in varie parti del corpo ed in particolare al collo della vittima, che colpì per ben 29 volte quando la stessa giaceva ormai inerte al suolo”. 

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