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Cronaca

Progetto Dafne, aumentano i casi di violenza sulle donne in gravidanza

In prevalenza le vittime sono donne italiane, così come è italiano il maltrattante che, per il 90%, è un partner/coniuge o ex, nel 6 per cento dei casi è invece un familiare

Si è svolta questa mattina una conferenza stampa in cui sono stati noti ed illustrati i dati relativi al Progetto Dafne contro la violenza sulle donne, a cura della dottoressa Maria Russo, Direttore del Programma di Psicologia di Rimini nonché responsabile del progetto stesso. Il progetto Dafne nasce a Rimini nel 2005 per rilevare il fenomeno della violenza di genere nell’ottica  di attivare buone pratiche per la prevenzione e dare sostegno alle vittime. Si avvale della Rete Dafne, costruita lungo gli anni, che coinvolge Forze dell’Ordine, Presidi Sociali e Sanitari, Enti locali, per ampliare l’efficacia del progetto.Nel corso degli anni, dal 2005 al 2013, sono state 2.326 le donne che si sono rivolte alla Rete Dafne; 1.436 quelle in carico. Si confermano le tendenze generali relative alla rilevazione periodica dei dati locali: rimane alto il numero di accessi di donne vittime di violenza ai nodi della “Rete Dafne”; in prevalenza sono donne italiane, così come è italiano in prevalenza il maltrattante e con occupazione lavorativa. 

In oltre il 90 per cento dei casi il maltrattante è un partner/coniuge o ex, nel 6 per cento dei casi è un familiare, a conferma del fatto che all'interno delle mura domestiche e nelle relazioni intime la donna ha i maggiori rischi per la propria sicurezza, a differenza di quanto si potrebbe credere. Rispetto ai dati socioeconomici della donna vittima di violenza si conferma che a fronte di una scolarità medio-alta c'è un accesso al reddito prevalentemente insufficiente/inesistente. Tra le forme di violenza rilevate prevalgono le violenze multiple, principalmente di tipo fisico, psicologico, economico. Rimane all'attenzione anche lo stalking, soprattutto associato ad altre forme di violenza. Si conferma un progressivo aumento della violenza subita dalla donna in stato di gravidanza. Si potrebbe ipotizzare che tale rilevazione abbia conosciuto nel tempo un'area di sensibilità maggiore da parte degli operatori sanitari. Da ricordare inoltre che recependo i criteri suggeriti dalla Convenzione di Istanbul, nel D. L. del 14 agosto 2013 è previstoi che la gravidanza nella vittime di violenza potrebbe configurare  penalmente un aggravante per il maltrattante.

Nel corso della conferenza stampa, anche rispondendo alle domande dei giornalisti, la dottoressa Russo ha rilevato come la legge 119 del 2013 contro il femminicidio abbia introdotto molte significative novità che rendono più efficace il lavoro dei Servizi: il riconoscimento quali aggravanti del rapporto sentimentale (non solo del rapporto matrimoniale) e dello stato di gravidanza della vittima; il patrocinio gratuito indipendente dal reddito per la vittima; una maggiore efficacia rispetto alle segnalazioni anche di elementi esterni alla coppia. La dottoressa ha inoltre precisato, per quanto attiene agli autori di violenza, che le professioni da loro svolte sono estremamente trasversali e comprendenti tra l'altro professionisti, persone benestanti che vivono di rendita, pubblici ufficiali. Commentando il fatto che la maggior parte delle violenze si consumi in casa (unica fattispecie diversa lo stupro, che in molti casi è commesso da estranei), la dottoressa Russo, anche riallacciandosi al recente caso di omicidio di una donna riminese, ha evidenziato che “ciò mi conferma nel timore, ormai quasi una convinzione, che le donne sottovalutino il rischio, soprattutto se questo può derivare da una persona conosciuta e soprattutto da un ex partner. E' sempre bene diffidare quando, dopo una relazione, l'ex propone di vedersi per un ultimo incontro: dietro quell'incontro potrebbero nascondersi concreti pericoli”.

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