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Cronaca

Rapone ricorda il padre che non ha potuto abbracciare: "E' morto anche per colpa del virus"

L'anziano genitore si trovava da fine gennaio nella casa di riposo Valloni

Un lungo post pubblicato su facebook. Parole di affetto e di dolore, quelle di un figlio che non ha potuto abbracciare il padre per l'ultima volta, dargli un bacio in fronte o accarezzargli la mano. A scrivere un commovente addio è Alessandro Rapone, amministratore unico di Amir e tra i fondatori del partito Patto Civico, che ricorda il papà Antonio, deceduto martedì all’Istituto Valloni (dove si trovava da fine gennaio), a 84 anni, "anche per colpa di questo maledetto virus".

"La sua infanzia è stata duramente segnata dalla guerra, che nella nostra città ha portato miseria e distruzione, compresa quella della sua semplice casa di via Santa Chiara - scrive Rapone - La sua gioventù ha coinciso con gli anni della ricostruzione e dello sviluppo turistico: era la stagione dei “vitelloni”, che lui ha coronato sposando una bionda svizzera arrivata in vacanza sul nostro mare. Si stabilirono al Grattacielo (20esimo piano).

Nel periodo del “boom economico” anche lui ha potuto fare la una piccola parte e realizzare qualche sogno (come ad esempio costruirsi una villetta sul colle di Covignano), lavorando duro e facendo tanti sacrifici. La crisi ambientale dell’89 ha poi chiuso simbolicamente una lunga fase e costretto a rivedere alcune scelte. Infine, dopo essersi di nuovo trasferito in centro, la sua vita da pensionato è stata serena, con i suoi piccoli hobbies casalinghi e la soddisfazione di vedere la sua città crescere e farsi più bella. Un giorno, guardandomi sornione ed agitando il dito mi ha detto: “Io ho fatto Rimini". Intendeva dire la sua generazione – a cui dobbiamo tanto – e in lui c’era “una botta d’orgoglio” e anche una genuina autoironia. Gli sarebbe tanto piaciuto poter visitare il Teatro Galli, ricostruito dopo 70 anni, ma le sue deboli forze residue non gliel’hanno consentito. E’ morto il 31 marzo al ricovero “Valloni” dopo mesi di sofferenze; la sua fine è sopraggiunta in un modo terribilmente ingiusto, cioè in totale solitudine, anche a causa di questo maledetto virus".
 

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