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Cronaca Riccione

Ecco i finalisti del concorso dedicato al giornalismo video investigativo

Tra i 15 selezionati, inchieste e reportage da tutto il pianeta. I vincitori saranno proclamati al DIG Festival, in programma a Riccione dal 23 al 25 giugno

Entrano nel vivo i DIG Awards, premi internazionali dedicati al giornalismo d’inchiesta video che saranno assegnati a Riccione durante il prossimo DIG Festival, in programma dal 23 al 25 giugno. L’edizione 2017 si segnala per la dimensione sempre più internazionale del concorso. Gli oltre 220 lavori iscritti sono, infatti, prodotti in 22 paesi e provengono da tutti i continenti: non solo dall’Europa, ma anche da Australia, Stati Uniti, Canada, Brasile, Tunisia, Egitto e Iraq.  Le testimonianze raccolte attraversano il pianeta in modo ancor più capillare. Si va dall’Africa Centrale alla Siria, dallo Yemen alla Cina, dal Messico alle Filippine, con inchieste che affrontano i temi più disparati. Le migrazioni, le guerre e l’Isis sono, come nelle edizioni passate, al centro dell’attenzione ma non mancano le inchieste su mafie, narcotraffico, reati ambientali e casi di corruzione internazionale.  L’estrema varietà del concorso è rispecchiata anche dai finalisti: 15 opere tra inchieste e reportage, suddivise in cinque categorie.

Nella sezione Investigative Long, riservata a video-inchieste di lunga durata (massimo 90 minuti), si sfidano tre produzioni internazionali, tre ritratti di personaggi finiti per ragioni diverse nell’occhio del ciclone. Benoît Bringer, reporter di France 2, concorre con Being a Whistleblower, inchiesta sulla drammatica storia di Raphaël Halet, fonte-chiave dello scandalo LuxLeaks. La filmmaker Nanfu Wang è invece in gara con Hooligan Sparrow, documentario del network statunitense PBS sull’attivista cinese Ye Haiyan, perseguitata dal regime di Pechino per il suo impegno in difesa di sei bambine vittime di abusi in una scuola dell’Hainan. Bjørn Olav Nordahl, della tv norvegese NRK1, presenta infine The Money Preacher, inchiesta sul controverso video-predicatore Jan Hanvold.

La sezione Investigative Medium (durata massima 27 minuti) si segnala per la presenza di due inchieste realizzate da giornalisti egiziani. Ahmed Elshamy, con Behind the Doors of Silence (ARIJ), rompe il silenzio sugli abusi e le violenze domestiche nel suo paese. Saada Abd Elkader, con Upside Down (Deutsche Welle), si concentra invece sugli esiti della primavera araba in Egitto e Tunisia. La terza inchiesta finalista è firmata da due giornaliste svedesi, Marja Grill e Carolina Jemsby, che con The Art of Stealing Without Getting Caught (SVT) svelano un sistema di raggiri e connivenze ai danni del welfare svedese e dei suoi assistiti.

La sezione Reportage Long racconta storie provenienti da tre continenti. La reporter francese Marjolaine Grappe accende i riflettori sulla resistenza femminile al regime di Pechino e in China, in the Mood for Life segue tre donne cinesi che si sono opposte alle sterilizzazioni e agli aborti forzati imposti dal sistema di controllo delle nascite. Valeria Mazzucchi, con Dönüş-Retour, ha invece filmato le ultime settimane a Istanbul di Jérôme Bastion, storico corrispondente di Radio France Internationale che di fronte alla svolta autoritaria di Erdoğan ha scelto di abbandonare sia la Turchia che il mestiere di giornalista. Il documentarista americano Craig Atkinson, con Do Not Resist, ci conduce infine in South Carolina per mostrarci metodi e logiche violente della polizia Usa.

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